Parrocchia san Giovanni Battista - Borno

Archivio Cüntómela

cuntomela Pasqua 2012

Pasqua 2012

Editoriale
La novità della Santa Pasqua
In cammino verso l’Anno della Fede
Nasce l'Unità Pastorale
Ben arrivato a Villa don Francesco!
Insieme sul buon cammino
Condivideremo l'amicizia
Con Gesù tutto sarà possibile
Superando le fatiche
Per crescere in Unità Pastorale
Ascoltando Gesù compagno di viaggio
Per capire dove ci sta portando
Continuare a seminare
GIOVANI APERTI ALLA VITA34° Giornata per la Vita
Progetto Cicogna
Da non dimenticare le “belle” persone
Esperienze e lezioni di Vita
Voglia di esserci
Noi per Loro: auguri dall’AIDO
Sostenere l'AVIS
Carnevale 2012
CONVIVENZA 2012
Da stella cadente a stella cometa
Padre Defendente: la festa per il suo compleanno
Padre Narciso: pregate per me
Padre Giacomo: un “nonno” sempre attivo
La Macchina del Triduo e la catena di… smontaggio!
I misteri di sant’Antonio: alcune risposte
I Migranti del Vangelola storia dei missionari camuni in un libro
Chiamati alla vita eterna


Editoriale

Le cronache storiche raccontano che nel 1156, durante una processione lungo la strada di Malegno, un gruppo di catecumeni bornesi e un altro di Lozio ebbero un diverbio, e se le diedero di santa ragione, su quale dei due gruppi dovesse avere la precedenza nel ricevere il Battesimo presso la Pieve di Cividate. Per evitare tali episodi, poco consoni con il fine stesso della processione, alcuni anni più tardi le autorità ecclesiali pensarono bene di concedere a Borno un proprio fonte battesimale autonomo.

Lo scorrere dei decenni e la saggezza della Chiesa portò così alla nascita e alla diffusione delle parrocchie, sancite formalmente mediante il Concilio di Trento (1545-1563). Ogni paese, ogni frazione, ogni aggregazione di case vicine (è questo il significato etimologico del termine parrocchia) aveva la propria chiesa, il proprio parroco, le proprie tradizioni.

 Ora sembra che tale realtà, profondamente radicata nella mentalità di chi ci ha preceduta e quindi anche nella nostra, debba essere un po’ rivista. Andando oltre i motivi più o meno ufficiali che hanno portando la Diocesi a camminare verso le unità pastorali, i facili entusiasmi di chi vede tutto bello e buono, oppure i rimpianti di chi vorrebbe rimanere aggrappato a consuetudini e tradizioni che nella verità degli eventi mutano e si evolvono di continuo, anche mediante questo nuovo numero di Cüntòmela (con il sottotitolo cambiato) desideriamo accogliere con fiducia ciò che ci attende.

Lo stesso Anno della Fede, indetto da Papa Benedetto, è un invito a rinnovare la speranza in questi momenti di crisi e di incertezze, non solo economiche; un invito appunto a mantenere aperta la porta della nostra fiducia per vivere in modo nuovo ciò che abbiamo ricevuto e che siamo chiamati ogni giorno a ridonare. È con fiducia quindi che anche da queste pagine desideriamo continuare a raccontarci ciò che sentiamo, pensiamo e viviamo non solo nella comunità di Borno, ma anche in quelle di Ossimo e di Lozio.

Pur se le nostre comunità avranno ancora spazi fisici distinti in cui celebrare Battesimo ed Eucaristia, – con i sacerdoti che soprattutto la domenica dovranno fare un po’ di corse in automobile per assicurarci le S. Messe – tutti siamo chiamati a condividere diversi momenti dei nostri cammini di fede, superando campanilismi esasperati e un certo tifo da stadio. Al “noi e loro” sarebbe bene passare idealmente ad un solo “noi”.

Un “noi” che, ovviamente, continuerà a concretizzarsi con chi ci è più prossimo, con chi ci è più vicino ma che è destinato ad essere sempre più ampio, solidale, inclusivo, come testimoniano gli stessi missionari camuni. Anche se viviamo in paesi, in città, in nazioni diverse tutti, infatti, siamo stati immersi in un’unica fonte: la morte e la risurrezione di Gesù Cristo.

La redazione

 



La novità della Santa Pasqua

La Santa Pasqua è giunta anche quest’anno con la novità di questa Unità Pastorale tra le nostre parrocchie che sta per iniziare. Forse per molti è una piacevole novità, ma per altri sembrerà una novità non molto bella, però questo è ciò che la Chiesa di Brescia ed il nostro vescovo Luciano ci chiedono in questo tempo particolare. Per capire meglio cosa dobbiamo fare bisogna riflettere un poco sulla nostra fede. Ciò che ha permesso a noi di ricevere la fede e trasmetterla nelle generazioni è lo stesso Mistero che ha trasformato il mondo di allora, gli apostoli e la gente che cercava Gesù: è la Pasqua del Signore, è la Resurrezione.

Ora questa stessa fede noi siamo chiamati a viverla nella forma nuova della Unità Pastorale, ma è alla prima Chiesa, agli Apostoli, ai primi cristiani che noi dobbiamo guardare per camminare con fiducia avanti. Il nostro tempo è assai difficile per la fede: c’è tanta indifferenza, raffiche di incredulità, attacchi massicci dall’esterno della Chiesa ai fondamenti della nostra fede, compresa la Pasqua di Resurrezione, incrinature e cattivi esempi anche all’interno della Chiesa la espongono alle dure critiche dei laicisti.

pasqua

Possiamo perciò anche noi sentirci come la chiesa primitiva, abbattuti e sfiduciati. Ma proprio la prima Chiesa ci invita a reagire e ad agire in forme nuove per l’annuncio riproposto nell’oggi della stessa fede di ieri. Gli apostoli non si isolarono, non si rifugiarono nel rimpianto del passato, non si accontentarono di ciò che conoscevano già. Essi, all’annuncio delle donne, corsero al sepolcro, entrarono, videro che Gesù non c’era più e quando Gesù apparve loro ebbero la conferma che era vivo e lo cominciarono ad annunciare.

Così la Chiesa dei discepoli di Gesù invita anche noi a non intristirci perché come Gesù allora era apparentemente assente, in realtà era vivo e vicino, come vivo e vicino è anche oggi a noi. Siamo invitati anche noi a non isolarci, a non ripiegarci in sterili lamenti, a dire come era meglio prima. Ora è necessario trovare l’unità e la coesione tra tutti noi nel lavorare insieme, perché Gesù Risorto chiede anche a noi oggi di essere di nuovo annunciato. Siamo sollecitati a non accontentarci più del poco che sappiamo riguardo alla fede perché oggi in mezzo a tanto scetticismo bisogna saper rispondere e dare ragione con intelligenza di ciò che crediamo e proponiamo a credere ad altri.

Quello che oggi la Pasqua del Signore ci chiede è di confermare tanti cristiani deboli ed incerti, diventando noi testimoni di Resurrezione, prima che nel mondo, nelle stesse nostre parrocchie. Ma potremo essere testimoni di tutte le cose compiute dal Signore Gesù se anche per noi stessi Egli è il Vivente, è il Risorto, se siamo noi stessi risorti e viviamo da risorti, se guidati dalla Chiesa anche noi per primi cerchiamo le cose di lassù, dove Cristo, che siede ora alla destra del Padre, ha preparato un posto anche per noi e ci aspetta. Buona Pasqua dunque, e che il Signore, tra tanti problemi e preoccupazioni ci renda più forti nella fiducia e più coraggiosi nelle scelte quotidiane che ci chiede di fare alla luce del suo Vangelo.

Don Francesco



In cammino verso l’Anno della Fede

“Momento di Grazia e di impegno” deve essere l’Anno della Fede, annunciato dal Papa con la Lettera Apostolica “La Porta della Fede”, che sarà celebrato in occasione del 50° anniversario dell’inizio del Concilio Vaticano II e dei 20 anni dalla promulgazione del Catechismo della Chiesa cattolica. Tale anno, nelle intenzioni del Santo Padre, mira a ravvivare la fede nei cuori e a suscitare “un corale impegno per la riscoperta e lo studio dei contenuti fondamentali della fede” e inoltre, deve portare alla crescita della “testimonianza di vita dei credenti nella sua credibilità”.

Esso intende esprimere l’esigenza “di riscoprire il cammino della fede per mettere in luce con sempre maggiore evidenza la gioia ed il rinnovato entusiasmo dell’incontro con Cristo”. In altre parole, l’obiettivo di questo anno di grazia è di rinnovare e fortificare la fede in un momento di particolare crisi di identità ed anche di responsabilità sociale. Nella società secolarizzata di oggi, la fede in Dio è esposta a forti venti contrari e tende ad affievolirsi come fiamma che resta senza alimento.

Correnti di pensiero e stili di vita vanno in senso opposto alla concezione cristiana della vita e della società, modificando pian piano mentalità, sensibilità e costumi, e mettendo a dura prova la fede, i cui contenuti non sono più conosciuti e la partecipazione alla vita sacramentale registra una notevole diminuzione. Nella società che ci circonda notiamo infatti varie crisi: è vivamente sentita la crisi economica e finanziaria che da oltre tre anni pesa sulle famiglie, con conseguenze a volte molto serie; la crisi sociale con tanti problemi; la crisi educativa… ecc…, ma al fondo di queste crisi ce ne sta un’altra, che è la radice di tutte: la crisi della fede in Dio. Questo è il vero problema del nostro tempo. Ecco perché è particolarmente felice l’iniziativa del Papa concernente l’Anno della Fede.

porta fede

Già Papa Paolo VI° due anni dopo la conclusione del Concilio Vaticano II, aveva voluto un anno della fede, in occasione dei 1900 anni del martirio degli Apostoli Pietro e Paolo. Un anno che voleva aiutare i cattolici a rendersi conto “dell’essenziale importanza che il Concilio, coerente con la tradizione dottrinale della Chiesa, attribuisce alla fede, alla vera fede, quella che ha per sorgente Cristo e per canale il magistero della Chiesa”. Anche ora è la stessa sollecitudine pastorale a guidare la scelta di Papa Benedetto XVI° che nell’indire l’Anno della Fede, vuole indicare “L’importanza essenziale della fede” alla luce del Concilio Vaticano II e chiama la Chiesa intera ad offrire una comune e unitaria testimonianza della sua fede fiduciosa in Dio.

Per questo l’inizio dell’Anno della Fede avrà luogo l’11 ottobre prossimo, a 50 anni esatti dall’apertura del Concilio (11 ottobre 1962). In pari tempo, coinciderà con i 20 anni dalla promulgazione del Catechismo della Chiesa Cattolica, definito dal Santo Padre Benedetto XVI° “sussidio prezioso ed indispensabile” per approfondire, coltivare e trasmettere la fede e la gioia di essere cristiani. Nel Catechismo si trova infatti “la ricchezza di insegnamento che la Chiesa ha accolto, custodito, e offerto nei suoi duemila anni di storia”.

L’Anno della fede intende rivolgersi anche alle persone che, nel nostro contesto culturale, “pur non riconoscendo in sé il dono della fede, sono comunque in sincera ricerca del senso ultimo e della verità definitiva sulla loro esistenza e sul mondo. Questa ricerca muove le persone sulla strada che conduce al mistero di Dio” (Porta della fede, n. 10). Per questo, fra le numerose iniziative che saranno promosse durante l’Anno della Fede, non mancheranno i dialoghi del “Cortile dei Gentili” che il Pontificio Consiglio per la Cultura sta già programmando.

La fede è una porta sempre aperta per quanti vogliono entrarvi ed essere introdotti alla vita di comunione con Dio. Per chi la possiede, la fede è un bene prezioso da custodire, alimentare e trasmettere. Avere la fede significa porre la propria fiducia in Dio ed affidarsi al suo cuore grande. La fede apre orizzonti di speranza che non delude ed indica un fondamento solido sul quale costruire la propria vita. La fede non è un intralcio ad una esistenza felice, ma è promessa e garanzia di vita che va oltre il tempo, e tuttavia aiuta anche ad affrontare con serenità le sfide del cammino nel tempo della vita. Ugualmente il credere nella vita eterna non rende insignificante la vita terrena. Al contrario, soltanto se la misura della nostra vita è l’eternità, anche la vita su questa terra è bella importante.

La fede si rivolge al cuore e alla coscienza delle persone, ma ha sempre anche una dimensione pubblica inseparabile, che richiede la testimonianza nei vari ambiti e nelle varie situazioni dell’esistenza. ”Il cristiano non può mai pensare che credere sia un atto privato. La fede è decidere di stare col Signore per vivere con Lui. E questo “stare con Lui” introduce alla comprensione delle ragioni per cui si crede, ma porta anche ad una testimonianza “franca e coraggiosa” (Porta della fede, n.10). L’augurio è che il prossimo Anno della Fede aiuti tutti ad approfondire e apprezzare il dono della fede e risvegli nei cuori il desiderio di coerenza con essa e di rinnovamento della propria vita.

Card. Giovanni Battista Re



Nasce l'Unità Pastorale

don francesco baccanelli
Arrivederci Don Francesco

don francesco rezzola
Benvenuto Don Francesco

Carissimo don Francesco...

saluto don francesco

Sembra passato pochissimo tempo da quando sei arrivato nei nostri piccoli paesi, ed ora te ne stai già andando. Noi ragazzi ci siamo affezionati a te in modo speciale e con le lacrime agli occhi ti diciamo che non ti dimenticheremo mai. I momenti passati insieme sono stati molti, ricchi di risate, di divertimenti, di gioia e anche di riflessione. La tua pazienza e dedizione per noi, ci ha fatto crescere, maturare spiritualmente e umanamente. Con tutti i tuoi innumerevoli impegni verso le nostre comunità sei sempre riuscito a ritagliare del tempo per noi accompagnandoci nel catechismo, guardando un film, facendo una cena oppure due parole dopo la messa; senza tralasciare la presenza che ha portato tanta gioia e amicizia di innumerevoli etnie mondiali: “i nostri carissimi seminaristi”, che senza te non avremmo mai conosciuto. Caro Don ti porteremo sempre nei nostri cuori... e ti promettiamo che tutte le sere reciteremo per te un Ave Maria. Che Dio ti benedica e ti protegga sempre.

Con Amore i tuoi ragazzi

Un sentito saluto, carico di...

saluto don francesco

Ossimo, 19 febbraio 2012 - A nome delle Comunità parrocchiali e interpretando i sentimenti della popolazione, è il momento di esprimerLe, caro don Francesco, un sentito saluto, carico di ringraziamento e di riconoscenza. Le nostre comunità hanno avuto modo in questi anni di servizio da Lei svolto di apprezzare in particolare la cura, la pienezza e l’attenzione dedicate alle celebrazioni liturgiche all’unico scopo di rendere visibile la presenza del sacro e di esaltare la bellezza del mistero cristiano, segno evidente del profondo amore da Lei portato alla Chiesa e alla sua missione. L’esempio che Lei ha costantemente offerto nel guidare con grande devozione e coinvolgimento la preghiera comunitaria ci rimane come lascito concreto e penetrante del suo passaggio tra di noi.

La nostra gratitudine va anche allo zelo messo nell’amministrazione dei sacramenti, alla sensibilità e alla delicatezza mostrate nei rapporti con le persone in ogni occasione, al fine di favorire l’unità dell’azione pastorale. Le sue doti di discrezione e di disponibilità all’ascolto, la spiccata spiritualità, l’attenzione alle tradizioni cristiane e la coscienza retta lasciano un segno duraturo nel corpo vivo delle nostre realtà parrocchiali. Abbiamo potuto godere di tante belle e innovative realizzazioni promosse nei vari settori, religioso, spirituale, formativo e culturale.

E allora, nonostante il momento del distacco, manifestiamo la nostra gioia nell’essere ancora riuniti, qui intorno all’altare, per celebrare insieme l’eucarestia. Nel ribadire il nostro sincero e caloroso ringraziamento per averci fatto dono della Sua presenza di pastore attento e premuroso e nell’augurarle un fecondo avvenire là dove la volontà di Dio La reca, La invitiamo a portare noi e questi luoghi nel cuore e a continuare a tenerci collegati attraverso la preghiera. Da parte nostra, Le assicuriamo immutato affetto e chiediamo, infine, per tutti noi l’aiuto della presenza materna di Maria e l’intercessione dei nostri Santi Patroni, pregando il Signore affinché protegga e benedica don Francesco nel compimento dei nuovi compiti a cui è stato chiamato, nell’esercizio del suo ministero sacerdotale.

Le Comunità di Ossimo

saluto don francesco



Ben arrivato a Villa don Francesco!

ingresso don Francesco a lozio

La Parrocchia dei SS. Pietro e Paolo di Villa di Lozio la accoglie con gioia e le dà il benvenuto. Come tutte le comunità anche la nostra ha le sue ricchezze e le sue povertà. Siamo una piccola comunità di 200 persone: molti di noi sono anziani, ma non mancano le famiglie, anche giovani; ci sono i bambini più piccoli che, insieme a quelli della Parrocchia dei SS. Nazzaro e Celso, frequentano le aule della Scuola materna parrocchiale, e quelli un poco più grandi che frequentano la scuola elementare; ci sono i ragazzi, che hanno a Lozio la possibilità di incontrarsi nei locali dell’oratorio, ma che per lo studio devono scendere nel fondovalle, così come spesso devono fare i loro genitori, per motivi di lavoro; ci sono la nostra chiesa, consacrata ai SS. Pietro e Paolo, e le santelle dedicate alla Madonna; c’è la casa-vacanze parrocchiale che ha offerto e offrirà un importante sostegno economico alle necessità della Parrocchia e all’oneroso funzionamento della Scuola materna, e che costituisce una preziosa occasione di incontro con chi viene da fuori; e c’è la chiesetta di santa Cristina che rappresenta - come realtà da riconoscere e da coltivare - l’unità delle due parrocchie di Lozio. Ci sono i volontari, le associazioni, e l’impegno condiviso per il bene delle nostre comunità. Ci sono i disagi dell’isolamento, ma anche le montagne, le ricchezza della natura e del silenzio, doni di Dio che portano con sé il dono dell’incontro con i villeggianti.

Questa è la nostra comunità. Ma la nostra comunità oggi è soprattutto un gregge che saluta in lei il suo nuovo pastore. Un piccolo gregge, una piccola porzione del più ampio gregge che il vescovo le ha affidato, ma che come le altre porzioni ha bisogno della sua guida e delle sue cure. Perché anzi, forse più delle altre greggi, le nostre comunità di Lozio, come pecorelle a volte smarrite, attendono le sue cure nei momenti di smarrimento, la voce del pastore che le venga a cercare e a incoraggiare.

Certo, sappiamo che il parroco nulla può senza la collaborazione dei suoi parrocchiani. Ma oggi noi la accogliamo sapendo di aver bisogno di essere guidati, dal suo esempio e dal suo incoraggiamento, nell’annuncio della Parola e nella celebrazione dell’Eucaristia; perché, a partire dalle nostre ricchezze e povertà, quelle personali e comunitarie, di anime e di strutture, la nostra famiglia possa crescere nella sequela di Gesù, nella fede, nella speranza della salvezza eterna e nella carità. Perché, soprattutto, il dono dell’amore porti con sé quello dell’unità. Tanto più in questo momento, nella prospettiva dell’unità pastorale.

Insieme a lei intendiamo percorrere questa strada; cosicché, prendendo spunto dalla futura unione pastorale con le comunità di Ossimo e Borno, le nostre due comunità di Lozio ricerchino ed accolgano il dono della carità, della condivisione e dell’unità, oltre che al loro interno, anche tra di loro, guidati dalla sua presenza e dal suo incoraggiamento. Benvenuto don Francesco!

La comunità parrocchiale di Villa



Insieme sul buon cammino

Mercoledì abbiamo iniziato la Quaresima. È un tempo di riflessione, di preghiera e di penitenza. E proprio nella prima domenica di Quaresima fa l’ingresso il nuovo parroco delle vostre comunità di Lozio. Mi sono chiesto se ciò avesse a che fare con la penitenza: per me nel venire a Lozio, e per voi nel cambiare il parroco e doverlo conoscere e magari in futuro sopportare. Ma è stata la parola di Dio a chiarirmi le idee, soprattutto il Salmo Responsoriale. Mi ha posto sulla bocca l’invocazione “Fammi conoscere Signore le tue vie; insegnami i tuoi sentieri.” E quale risposta ne è venuta? Eccola: “Tutti i sentieri del Signore sono amore e fedeltà.”

ingresso a lozio

Ecco allora la bella notizia che sempre il Vangelo porta con sé: qualunque sentiero il Signore ci invita a percorrere, è il suo sentiero e non può che essere un buon sentiero. Lo sarà per me che ho modo di fare esperienza di altre comunità cristiane, magari piccole, apparentemente lontane, quasi dimenticate dal centro, ma che io credo abbiano un loro modo originale di esprimere la fede, nella tradizione. Lo sarà un buon sentiero, anche per voi che nella piccolezza delle vostre comunità conservate, con la presenza del sacerdote, la totalità della pienezza del Signore: nei sacramenti celebrati, nell’Eucarestia offerta, nella preghiera per noi e per i defunti, nella Parola annunciata.

ingresso a lozio

È un buon sentiero, quello che il Signore ci propone di seguire, anche per le altre comunità cristiane che formeranno la futura Unità Pastorale, perché i segni dei tempi, con la mano operante del Signore, ci impongono di cominciare a guardarci, a scoprirci nelle cose che uniscono più che in quelle che dividono, ci chiedono di lavorare insieme per non far morire la fede, anzi per rivitalizzarla. Sarebbe proprio una follia se non accogliessimo questo richiamo del Signore, proprio nella situazione che stiamo vivendo. La tentazione nostra potrebbe essere proprio quella di restare sordi di fronte al Signore che ci invita a fidarci di lui. Ma noi vogliamo vincerla. Nessun timore dunque, nell’iniziare questo nostro cammino, sicuri che là dove ci conduce il Signore, non può esserci che lui, amore e misericordia nostra.

Don Francesco



Condivideremo l'amicizia

La comunità parrocchiale dei S.S. Nazzaro e Celso di Lozio esprime grande gioia nel salutare con calorosa accoglienza don Francesco quale nostro nuovo parroco. Un benvenuto di cuore, sincero e semplice. Un nuovo capitolo si apre per la nuova comunità parrocchiale, ma anche per quella parte di comunità civile che vive ai margini della parrocchia, aspettando forse l’occasione giusta, l’invito che arriva nei modi e nei tempi giusti forse, per potersi sentire parte di quella grande e bella famiglia che è la Chiesa. Quindi eccoci qui a porgerle il benvenuto con gioia e disponibilità. In testa ai sentimenti prevale sicuramente la gratitudine a Dio perché ha visitato ancora il suo popolo. Ancora una volta Dio si rivela essere un padre che segue i suoi figli.

Un grazie allo Spirito Santo che è anima e guida della Chiesa. Siamo riconoscenti a Gesù, nostro Signore e Maestro, al quale don Francesco ha consacrato la sua vita per essere suo discepolo per sempre, come lui vuole, dove lui vuole. Gesù è il nutrimento che sostiene la nostra vita e la rende ricca di senso. Don Francesco viene a darci questo nutrimento: Gesù è la Via, la Verità e la Vita. Egli è tutto ciò che l’uomo di oggi cerca e desidera ed è il solo che può dare pienezza e felicità.

Don Francesco noi non ci conosciamo, ma il tempo è dalla nostra parte e ci saranno occasioni per far crescere giorno dopo giorno collaborazione, stima, affetto. Qui come avrà modo di vedere ci sono parecchie questioni amministrative, organizzative, gestionali, attività a volte poco stimolanti, ma che sono necessarie. Abbiamo lavorato negli anni scorsi alla sistemazione delle chiese e degli ambienti ricreativi, ambienti che amiamo profondamente e dei quali siamo orgogliosi. Tanti problemi tecnici si possono ritenere superati, ma c’è ancora da fare.

ingresso a lozio

Collaborazione: ecco lo strumento indispensabile, il desiderio che ci anima. Noi vogliamo essere speranzosi che lei don Francesco ci porti Gesù, parli di Lui ai nostri ragazzi, lo faccia riscoprire ai nostri giovani, lo presenti alle famiglie e lo renda sempre più vicino all’anziano. Noi saremo lì, vicino a lei a sostenerla, a darle una mano, ognuno con la propria capacità. Noi abbiamo bisogno di una presenza più costante e partecipe del prete. Trasmettere la fede ai giovani, rassicurare gli anziani, sostenere e camminare con gli adulti è ancora un compito troppo legato ai sacerdoti e ci creda don Francesco noi ne sentiamo la mancanza.

La nostra società, la nostra cultura, l’umanità intera ha bisogno di una nuova evangelizzazione. Anche la comunità di Lozio, seppur piccola non è esente da questo bisogno. Le chiediamo di aiutarci ad aumentare in noi lo stupore e la gioia di sentirci comunità cristiana, consapevoli che questo processo di crescita ci porti ad una revisione dei nostri comportamenti, delle nostre scelte, dei nostri modi di dire e pensare.

Papa Benedetto ci ha più volte istruito dicendo: “Chi fa entrare Cristo totalmente dentro di lui, non perde nulla, assolutamente nulla di ciò che rende la vita libera, bella e grande. Solo in quest’amicizia si spalancano le porte della vita. Solo in quest’amicizia si dischiudono realmente le grandi potenzialità della condizione umana. Solo in quest’amicizia noi sperimentiamo ciò che è bello e ciò che è libertà”.

Di quest’amicizia abbiamo bisogno e le chiediamo don Francesco di ricercarla e viverla con noi.

La comunità parrocchiale di SS. Nazzaro e Celso



Con Gesù tutto sarà possibile

Abbiamo compiuto i riti di immissione del parroco nelle nostre parrocchie ed è il momento ora di commentare con voi la Parola di Dio che oggi abbiamo ascoltato. Anzitutto un pensiero sulla Quaresima: è tempo penitenziale, di impegno, di sacrificio, di verifica, ma mai di tristezza. “Se digiuni, non farlo nella malinconia, ma fallo nella letizia, perché solo il Signore sappia che tu digiuni”. Così deve essere anche per noi oggi: questi cambi che ci vengono imposti sembrano pesanti come un digiuno, ma per il Signore dobbiamo saperli vivere nella gioia e nel ringraziamento rivolto a Lui che è sempre grande nella bontà e nella misericordia.

Un motivo per gioire l’abbiamo tutti oggi: egli ha assicurato ancora al suo popolo la presenza del sacerdote. È un dono grande e necessario per conoscere la fede, per celebrare la fede, per vivere la fede, suo dono inestimabile. Ed anche se tante sono le difficoltà per fare in modo che ogni comunità cristiana sia guidata da un pastore, il Signore non verrà meno alla promessa di non fare mai mancare pastori secondo il suo cuore, come dice il profeta Geremia, i quali le guideranno con scienza ed intelligenza oltre che con la fede.

Il primo compito per un pastore è infatti quello di confermare la fede, stare davanti alla sua comunità nel viverla con umiltà e fiducia nel Signore. Questo è ciò che cercherò io di fare con voi, perché senza una fede forte siamo povere persone, siamo degli illusi ed alla fine saremo anche dei miseri delusi, ingannati dal demonio. Cercheremo perciò di camminare insieme, con sapienza ed intelligenza, sostenendoci l’un l’altro, perché le tentazioni di andare ognuno per la sua strada ci saranno, magari a causa delle nostre pretese, delle nostre aspettative, dei nostri piccoli egoismi, delle nostre tradizioni particolari, difese ad oltranza.

La ricetta per superare questi scogli è una sola: guardare a Gesù. Egli agisce in obbedienza al Padre, con misericordia, con comprensione, perdonandoci, e mai perdendo la fiducia, perché mai il Signore abbandona i suoi figli nella difficoltà. Sarà faticoso questo cammino? Forse sì. Basti pensare alle distanze tra le nostre parrocchie, alle dimensioni di queste comunità cristiane, alla dispersione in un territorio molto vasto. La tentazione per me potrebbe essere quella di dire “non ce la faccio” con tutte queste parrocchie, oppure per voi quella di pensare di fare da soli, senza collaborazione con le altre comunità. Queste ed altre fatiche emergeranno, ma tutto si può superare se terremo ben chiaro nella mente e nel cuore l’insegnamento di Gesù “Non sono venuto per essere servito, ma per servire, perché tutti abbiano la vita eterna”. Ecco: se terremo a mente questo insegnamento, ognuno non si sentirà mai trascurato: voi nella cura di noi sacerdoti e noi nel sentirci accolti ed amati come uno di voi. È così che potremo fare un bel cammino, sempre avanti col Signore, ed insieme come sua Chiesa.

Don Francesco



Superando le fatiche

Caro don Francesco, in qualità di sindaco, a nome della Giunta, del Consiglio Comunale e di tutta la comunità di Ossimo, Le porgiamo il nostro più cordiale saluto di benvenuto. Sono passati solo quindici giorni da quando don Francesco Bacchetti ci ha salutato per un nuovo cammino cristiano presso la comunità di Idro ed ecco che le scelte del Signore hanno voluto che fosse Lei il nostro prossimo punto di riferimento come guida cristiana.

Come lei ben saprà, il nostro paese è composto da due frazioni, Ossimo Superiore ed Ossimo Inferiore, che storicamente hanno sempre difeso il proprio “campanile” ma come può ben vedere oggi, con lei, è avvenuto un piccolo miracolo: un unico ingresso ufficiale, con una unica consegna delle chiavi delle due parrocchie, con un unico caloroso saluto di benvenuto, che vuole essere, non un punto di arrivo, ma un punto di partenza ed un invito a cogliere l’occasione che ci possa portare a quella che oggi viene definita Unità Pastorale. Come può ben comprendere ci aspetta un compito sicuramente difficile e per certi versi pieno di insidie: d’altro canto speriamo, ma ne siamo certi che con le sue indiscutibili qualità di guida cristiana, saprà sempre indirizzarci per il verso giusto.

ingresso a Ossimo

Noi come comunità siamo coscienti che non potrà fare miracoli, anche perché con le numerose parrocchie che deve gestire, il compito sarà veramente arduo. Siamo consapevoli che la sfida che ci attende sarà una dura prova per misurare la nostra fede cristiana ed il nostro attaccamento alla comunità religiosa, ma vogliamo anche sottolineare che noi siamo gente di montagna, magari a volte un poco chiusa e per certi versi, mi consenta, anche un po’ “gnucca”, ma crediamo di avere interiorizzato grandi valori cristiani e tanta disponibilità, che desideriamo offrirle; e poi, l’entusiasmo che mettiamo nella quotidianità della vita, pensiamo, sia linfa vitale anche per il progresso e la crescita cristiana.

Termino con la consapevolezza che questo nuovo cammino è un’affascinante storia che noi come comunità di Ossimo siamo pronti a vivere e che vogliamo affrontare insieme a Lei. Grazie don Francesco, grazie per essere qui oggi ed ancora un benvenuto tra noi.

Cristian Farisè - Sindaco di Ossimo



Per crescere in Unità Pastorale

A nome delle due comunità di Ossimo, i Consigli Pastorali esprimono con grande gioia e calorosa accoglienza, a don Francesco Rezzola, un benvenuto di cuore, sincero e semplice, quale nostro parroco. Sono passate solo due settimane da quando il suo predecessore don Francesco Bacchetti ci ha salutato ed anche se permane in noi l’amarezza del distacco, prevalgono la gratitudine per il cammino fatto insieme e la riconoscenza al Signore che ci fa oggi nuovamente il grande dono di un parroco.

Oltre a sentimenti di gratitudine, vi è anche l’aspettativa del “nuovo” che irrompe nella nostra vita personale e comunitaria, il tempo e le diverse occasioni che avremo sono dalla nostra parte e siamo certi che possano trasformarsi in crescita e nel far crescere, giorno dopo giorno, collaborazione, stima e affetto, nel nuovo parroco e per il nuovo cammino in Unità Pastorale che ci apprestiamo ad iniziare. Un nuovo capitolo si apre pertanto oggi per tutti noi. Speriamo sia ispirato alla collaborazione e verso un significato ancora più profondo ed impegnativo, fino ad essere corresponsabilità: ecco lo strumento indispensabile, il desiderio che ci anima.

Trasmettere la fede alle giovani generazioni non è compito esclusivo del sacerdote e di alcuni educatori che si impegnano nella catechesi e nella formazione dei ragazzi. È e deve essere l’impegno primario a cui tutta la comunità deve orientare i suoi sforzi e le sue preghiere. Anche la nostra piccola comunità di Ossimo non è esente dal bisogno di sentirsi comunità cristiana e di appartenere con gioia a Cristo. Don Francesco ti chiediamo pertanto di guidarci in questo nostro cammino di crescita e di accompagnarci oggi e nel futuro di Unità Pastorale. Questo vuole essere lo spirito con il quale oggi ti diamo il benvenuto nella nostra comunità. Grazie don Francesco di essere fra noi.

I Consigli Pastorali di Ossimo



Ascoltando Gesù compagno di viaggio

La seconda domenica di Quaresima, per noi così caratterizzata dai riti di immissione del parroco nelle nuove parrocchie, celebrati solennemente questa mattina ad Ossimo Superiore, ci introduce sempre più nell’itinerario in preparazione alla S. Pasqua e nel cammino spirituale che anche l’erigenda Unità Pastorale deve compiere. Il tempo forte iniziato pochi giorni fa, ci sprona dunque a trovare motivi profondi nel Vangelo per fare un buon cammino, abbondante nei frutti. Un esempio ed un conforto ce lo dà il Papa che con la Curia Romana ha vissuto nei giorni scorsi l’esperienza degli esercizi spirituali, dove al centro vi è stato l’ascolto attento della Paola rivelata, miniera di sapienza umana e divina ed alimento indispensabile per far crescere la fede.

Credo che a vario titolo, anche noi abbiamo accolto attraverso le propose quaresimali della Chiesa l’invito a porre particolare attenzione al Mistero Divino che vuole entrare in dialogo con noi. Infatti è lo stesso Padre del cielo che ci invita a riconoscere il segni della sua presenza quando sul monte Tabor, nell’episodio della Trasfigurazione fa sentire la sua voce: “Questi è il mio Figlio, l’Amato, ascoltatelo”. Con questo segno il Padre rivela che Gesù è il Figlio stesso di Dio. “Ascoltatelo” dice la voce del Padre, che così facendo ci offre l’occasione e la possibilità di entrare in rapporto diretto con Dio, quasi come fu per i discepoli di Gesù sull’altro monte della Galilea. Anche per noi dunque è possibile fare una esperienza, seppur breve e anticipata, del paradiso, proprio attraverso la limpidezza della Parola del Signore, la bellezza dei Riti liturgici, l’armonia del canto ed il silenzio che pure è linguaggio molto gradito a Dio. Ma il Vangelo non ci illude facendoci credere che si possa stare in eterno sospesi nel paradiso del monte, ed è Gesù stesso che ci invita a scendere, nella vita quotidiana, a riprendere il nostro posto nel mondo.

E così se oggi la Parola, il rito, il canto, ci fanno godere delle cose belle che il Signore ci fa provare, domani cosa faremo? Domani ci caleremo nella vita quotidiana, più caricati, più motivati, più certi che il Signore ci accompagna, voi nelle vostra attività, io con il mio nuovo servizio, nelle parrocchie di Lozio e di Ossimo. E come potremo, ognuno nel nostro campo, dare risposta alle attese di chi incontreremo? Come potremo incontrare di nuovo il Signore e soprattutto, come potremo farlo incontrare a tanti che lo aspettano e tanti che lo hanno dimenticato?

La risposta sta in quell’ ”ascoltatelo” del Vangelo di oggi. Ascoltare Gesù dunque, come ha fatto la Madre sua Maria, per meditare bene prima di agire. Ascoltare Gesù nella lettura attenta della sua Parola perché lì ci sono le risposte alle nostre domande fondamentali. Ascoltare Gesù negli eventi della vita che mostrano i segni della Provvidenza ed alimentano la nostra fiducia nel Signore. Ascoltare Gesù nei fratelli piccoli, malati, bisognosi di guida, che Lui stesso ci ha affidato come compagni di viaggio. Ascoltare Gesù obbedendo alla sua voce perché questa è la via maestra che conduce alla pienezza della vita. Questo deve essere il nostro scopo all’inizio del nuovo ministero, per me e per voi, perché è un cammino verso il Signore che possiamo fare solo insieme.

Don Francesco



Per capire dove ci sta portando

Mentre domenica l’ingresso nelle parrocchie di Lozio era accompagnato dal Vangelo delle tentazioni di Gesù, oggi una luce luminosa rischiara la celebrazione della nostra fede: è la luce della Trasfigurazione. È un celebre episodio dal quale cogliamo come Gesù volesse che i suoi discepoli, in particolare quelli che avrebbero avuto maggiori responsabilità nel guidare la Chiesa, facessero esperienza diretta della gloria divina, per affrontare poi lo scandalo della croce. Quando vennero infatti i momenti della passione, i discepoli entrarono in grave crisi, ma la Grazia li sostenne e li aiutò a credere nell’evento straordinario della resurrezione.

Ora un collegamento, naturalmente con le debite proporzioni, possiamo farlo anche noi per ciò che stiamo vivendo. Il passaggio da un parroco ad un altro, l’avvio della Unità Pastorale, può essere per certi versi una fatica, una croce non desiderata. Tuttavia nel disegno di Dio è ciò che ci viene chiesto ora. Il Vangelo dunque ci porta l’episodio della Trasfigurazione di Gesù per rincuorarci, per darci fiducia, per farci comprendere che nella faticosa fedeltà al Signore viene anche la forza per affrontare il compito, viene anche la gioia di nuove esperienze, viene anche la consolazione del Signore, soprattutto per i più piccoli, i più deboli, attraverso l’incontro con nuove persone. Questa è la Chiesa che cammina.

ingresso parroco

A volte i cambiamenti sono faticosi e comportano di mettersi in atteggiamento di ascolto e comprensione della realtà, prima di prendere decisioni. Ora l’episodio della Trasfigurazione ci insegna anche questo aspetto nel quale è importante capire la volontà del Signore, attraverso il silenzio, la meditazione e il discernimento. La Trasfigurazione di Gesù è stata sostanzialmente una esperienza di preghiera, nella quale Egli si immerse nella contemplazione del disegno di Dio, il disegno d’amore del Padre, per assumerlo completamente. Lassù, sul Tabor, Gesù comprese che la croce era la via per salvare il mondo, e cosciente che il Padre suo non lo avrebbe mai abbandonato, pronunciò il suo Amen, disse convinto il suo Sì.

Ecco allora come anche noi, anch’io come nuovo parroco, dobbiamo affrontare i compiti pesanti e le responsabilità nuove che verranno. Anzitutto non rimpiangendo il passato, ma poi anche non resistendo ai cambiamenti necessari oggi, non cercando la propria comodità, ma anzi domandando al Signore nella preghiera, di capire dove ci sta portando, di riuscire a sopportare i nuovi pesi, di saperci rimettere in discussione rispetto a vecchi schemi, di superare il timore di metterci in gioco per Lui. Questo va cercato e chiesto con insistenza nella esperienza della preghiera personale e della comunità intera, dove a Dio che ci parla, noi vogliamo rispondere col nostro pieno Sì. Buon cammino a tutti, con l’aiuto del Signore che mai ci mancherà.

Don Francesco

Dio la benedica

Caro don Francesco, a nome delle comunità le porgo un sentito saluto in questo giorno nel quale ci ritroviamo qui riuniti intorno all'altare per accogliere il suo ingresso in veste di Parroco. Le manifestiamo tutta la nostra stima augurandoci che possa rimanere a lungo con noi. Da parte nostra ci impegniamo a corrispondere attivamente alle sue sollecitazioni pastorali e ad improntare la nostra vita a costante adesione al messaggio cristiano. Preghiamo il Signore affinché la protegga e la benedica nell'esercizio del suo ministero. Infine invochiamo su tutti noi la protezione del Signore che, in ogni momento della storia umana, sa sempre illuminare la via verso la salvezza. Intanto grazie di cuore!



Continuare a seminare

Il martedì precedente la festa di san Giovanni Bosco (31 gennaio) don Simone ha proposto ai catechisti un incontro con don Tiberio Cantaboni, suo compagno di Messa e attuale curato di Lovere. Dopo la preghiera iniziale e alcuni cenni sulla vita di san Giovanni Bosco - che rimane un esempio imprescindibile per ogni educatore e chi desidera impegnarsi in oratorio - don Tiberio ci ha guidato in alcune riflessioni su come essere evangelizzatori credibili, su come cioè cercare di essere veri cristiani che si spendono per la crescita di bambini, ragazzi e giovani, prendendo spunto da alcuni passi della seconda lettera di san Paolo a Timoteo.

L’inizio del terzo capitolo di questa ricorda che “verranno momenti difficili” e riporta uno dei tanti elenchi che si trovano nelle lettere di Paolo in cui si evidenzia come “gli uomini saranno egoisti, amanti del denaro, vanitosi, orgogliosi, bestemmiatori, ribelli ai genitori, ingrati, empi, senza amore, sleali, calunniatori...”. Sembra una descrizione perfettamente aderente alla realtà dei nostri giorni. Ciò può farci intuire come, pur parlando al futuro, già a quei tempi non doveva essere molto più facile di oggi vivere e testimoniare il Vangelo. Può essere un invito, quindi, a non scoraggiarci nemmeno di fronte alle difficoltà attuali, lasciando un po’ perdere la retorica secondo la quale una volta era tutto più bello e più semplice, bambini e ragazzi erano più rispettosi e disposti ad ascoltare, nelle famiglie si respirava davvero un clima di fede ecc.

La lettera prosegue ricordando che “vi sono alcuni che entrano nelle case e circuiscono certe donnette cariche di peccati, in balìa di passioni di ogni genere, sempre pronte a imparare, ma che non riescono mai a giungere alla conoscenza della verità”. A parte una certa avversione di Paolo per l’universo femminile che non di rado affiora nei suoi scritti, come non vedere in quest’immagine i molti messaggi (televisione, internet, cellulari ecc.) che entrano nelle nostre case e possono complicare non poco la vita dei ragazzi e adolescenti, sempre pronti a facili entusiasmi che magari si spengono il giorno dopo, sempre affamati di nuove esperienze che non li soddisfano mai pienamente, sempre assetati dal desiderio di cercare ciò che può riempire l’esistenza.

Compito dell’educatore, ricordava don Tiberio, è affiancare e sostenere ragazzi e giovani in questa ricerca, aiutandoli a porsi di fronte alla verità che si impone nelle piccole o grandi vicende quotidiane, a definire le cose con il loro nome e a saper distinguere ciò che è bene da ciò che non lo è, senza subdole confusioni perché... ormai tutti fanno così.

Gli stimoli che ci giungono dall’attuale contesto culturale non sono certo tutti negativi. Proprio perché sono tanti e molto diversi fra loro, però, richiedono un notevole sforzo di discernimento (vocabolo di moda in ambito ecclesiale) e di sintesi. Per educare noi stessi e i ragazzi in questo sforzo, sicuramente non facile nemmeno per gli adulti, è necessario rimanere saldi nella fede, come ci suggerisce sempre il testo paolino, ponendoci in continuo ascolto della Sacra Scrittura che “è anche utile per insegnare, convincere, correggere ed educare nella giustizia, perché l’uomo di Dio sia completo e ben preparato per ogni opera buona”.

Come altre lettere, anche la seconda a Timoteo termina al quarto capitolo con alcune note spicciole sulla vita dello stesso Paolo e una serie di saluti personali. Prima dei saluti, però, l’autore si lamenta verso alcuni collaboratori che lo hanno abbandonato preferendo “le cose di questo mondo” e di un certo Alessandro, il fabbro, che gli “ha procurato molti danni”, avvisando lo stesso Timoteo di guardarsi bene da lui.

Tali note testimoniano come anche le prime comunità cristiane e i primi discepoli non sempre riuscivano ad essere “un cuore e un’anima sola”. Sempre Paolo, probabilmente un po’ sconsolato per un malinteso senso di libertà, scriveva ai Galati: “... se vi mordete e divorate a vicenda, guardate almeno di non distruggervi del tutto gli uni gli altri!”. Non dobbiamo, quindi, scandalizzarci se anche nelle nostre parrocchie, nei nostri oratori sono presenti contrasti, antipatie personali e maldicenze che certamente rendono più pesante e meno credibile il nostro impegno educativo.

Per cercare di attenuare questi contrasti e tendere ad una maggiore e più autentica fraternità, don Tiberio suggeriva di provare a non manifestare sempre e subito ciò che pensiamo nei confronti di una persona o di una situazione, in nome di un’infantile spontaneità e di una forse un po’ ipocrita sincerità. Don Tiberio sottolineava come anche nell’ambito famigliare e coniugale molti contrasti nascano proprio da parole superficiali, che spesso escono dalla bocca senza che ne avvertiamo il peso e le possibili conseguenze. Se imparassimo davvero a pensare prima di parlare, a trattenere un po’ di più nel nostro cuore ciò che non ci va o che giudichiamo sbagliato - lasciandolo riposare nel silenzio, nella preghiera e alla luce della Parola di Dio - forse tanti attriti e divergenze si ridimensionerebbero e la nostra vita, a livello personale, in famiglia e nella comunità, diventerebbe molto più serena e aperta alla speranza.

Ovviamente questo trattenere nel cuore, a mio avviso, non deve far venir meno l’invito del Vangelo a parlare chiaro quando è necessario, sempre in nome di quella verità che si impone e che richiede, sia nel compito educativo sia nella correzione fraterna, un “si” o un “no” schietti. Naturalmente il curato di Lovere ci ha donato molti più spunti di quelli che, confusamente, ho qui accennato.

Come spesso capita negli incontri dedicati all’educazione e all’animazione cristiana, durante la preghiera iniziale abbiamo ascoltato la parabola del seminatore (Mc 4,1-9) dicendoci, per l’ennesima volta, che compito del catechista, dell’educatore è appunto continuare a seminare, senza aver la pretesa di poter vedere e raccogliere i frutti.

Nella seconda lettera a Timoteo, con sfumature diverse, Paolo ripete al suo discepolo e collaboratore un concetto simile: “annuncia la Parola, insisti al momento opportuno e non opportuno, ammonisci, rimprovera, esorta con ogni magnanimità e insegnamento”. Se può essere relativamente facile nella veste, più o meno indegna, di catechisti/animatori seminare e annunciare la Parola a bambini e ragazzi nel momento opportuno dell’oretta di catechismo nell’aula dell’oratorio, ben più arduo penso sia cercare di seguire tale mandato nella vita di tutti i giorni, in momenti che possono venire giudicati poco opportuni.

Eppure è proprio sulle strade della quotidianità che, mediante la testimonianza di comportamenti e parole sincere, tutti noi, adulti e giovani, grandi e piccoli, possiamo farci prossimo, educare e lasciarci educare per crescere nella fede, nella speranza, nell’ascolto di quella Parola che continua a salvarci e a farsi vita nei nostri piccoli o grandi gesti di amore.

Franco



GIOVANI APERTI ALLA VITA
34° Giornata per la Vita

“La vera giovinezza si misura nella accoglienza al dono della vita, in qualunque modo essa si presenti con il sigillo misterioso di Dio”. È la frase finale del messaggio dei vescovi italiani per la 34° Giornata per la Vita, che mette in luce quest’anno il tema dei giovani, così ricchi di potenzialità rispetto alla vita umana. E non potrebbe che essere così perché noi tutti siamo stati giovani e molti di noi lo sono adesso e sperimentano la forza misteriosa che li anima e che si manifesta in moltissimi modi. I genitori giovani, con i loro piccoli che sono qui. I bambini che muovono i primi passi nella scuola elementare, così attenti e curiosi. I ragazzi delle medie, così svegli ed intraprendenti. Gli adolescenti sempre in movimento perché per loro è l’età del cambiamento veloce di tutta la loro persona.

Sono tutti segni della vita che si esprime nella sua vitalità ed esuberanza. A questa generazione giovane si rivolgono i vescovi invitando ad esprimere nel modo migliore le forze straordinarie legate a questa età. Ma anche a noi adulti si rivolgono i vescovi italiani invitandoci a farci educatori di vita buona verso le giovani generazioni. Grande è il rischio di sprecare o di non utilizzare bene ciò che la giovinezza possiede. Sprecare la vita è fin troppo facile quando non si sa perché vivere, quando si vive come se l’esistenza non finisse mai, quando in un delirio di onnipotenza si mette a rischio la nostra stessa persona con droga, alcool, vita sregolata, cattivo uso del proprio corpo.

A noi adulti i vescovi italiani chiedono di educare i giovani alla vita vera. Per educare i giovani alla vita occorrono però degli adulti contenti della loro esistenza. Occorrono adulti che sappiano distinguere ed insegnare la differenza tra il bene ed il male, tra la prudenza ed il calcolo, tra la realizzazione di sé e la ricerca del potere per dominare. Occorrono adulti che non abbiano paura ad affermare che è male l’aborto, l’eutanasia, la produzione di embrioni in laboratorio per esperimenti, come anche la violenza sui bambini, sulle donne, la emarginazione verso i disabili, la indifferenza verso gli anziani: cose queste che noi diamo spesso per scontate ed invece scontate non sono. Occorrono adulti che in questi anni segnati dalla crisi economica e dal disorientamento sappiano dare fiducia ai giovani, sappiano aiutarli a superare quel senso di inquietudine e smarrimento che purtroppo c’è, dietro l’aria impavida e baldanzosa che mostrano.

famiglie giovani

Giovani aperti alla vita si augurano i vescovi. Ma anche sposi disposti ad accogliere la vita, genitori ed educatori impegnati a favorire il crescere della vita, saranno la base per il mantenimento del rispetto verso la vita umana e l’uomo che la possiede come un dono di Dio. Gesù è il nostro maestro. Nel Vangelo ci mostra l’attenzione amorevole per i bambini (lasciate che i bambini vengano a me), per gli sposi (le nozze di Cana), per i giovani (il giovane ricco), per i malati (i numerosi miracoli), per gli anziani (la suocera di Pietro guarita) per tutti gli uomini di buona volontà e cui non smette di annunciare il Vangelo della vita perfetta.

Facciamo tesoro dell’incontro col Signore e della sua Parola che opera anche oggi cose straordinarie. E ricordiamo sempre che “Chi vuole farsi padrone della vita invecchia il mondo, ma chi si fa servitore della vita rimane sempre giovane”.

Don Francesco



Progetto Cicogna

Anche quest’anno in concomitanza con la 34° Giornata per la Vita, abbiamo sensibilizzato la nostra parrocchia su questo importante tema, mai a sufficienza meditato e riflettuto nelle grandi conseguenze a cui porta, quando ci sono differenti opinioni al riguardo, anche a partire dalla presenza o assenza della esperienza di fede. Naturalmente la nostra visione è quella che parte dal credere che la vita umana è un dono di Dio e mai è pensabile come una nostra proprietà, tanto da farne ciò che vogliamo. Questo soprattutto in relazione alla vita nascente, al problema dell’aborto, alla vita che va spegnendosi, agli anziani ed ammalati, all’eutanasia.

progetto cicogna

Sono tutti temi sensibili che pongono problemi grandi, che esigono idee grandi, per non cadere nei criteri della opportunità, della convenienza, del disturbo che queste situazioni recano alle persone e del piacere proprio, in base al quale spesso le persone agiscono, e che mai viene prima della vita di una persona.

Per sensibilizzare la comunità parrocchiale, soprattutto sulla vita nascente, il Gruppo Progetto Cicogna con l’ausilio di alcune catechiste ha preparato molto bene l’altare di San Fermo in chiesa. Immagini, segni e fotografie sono state predisposte in modo decoroso, con l’intenzione di rendere manifesta l’attività di alcune persone della nostra parrocchia, sensibili al tema della vita. Così si è riusciti a comunicare quanto sia importante far conoscere ai più giovani come avviene l’inizio della vita di un bambino, come si sviluppa nei primi istanti, minuti, ore e giorni dal concepimento, come cresce nei mesi che preparano il parto.

progetto cicogna

Si è presentato l’attività del Gruppo Progetto Cicogna, con le foto delle mamme e dei bambini (sono già cinque) nati anche con il nostro aiuto offerto attraverso il C.A.V. di Pisogne. Si è predisposto anche un grande manifesto con l’immagine di un piccolo neonato tra due mani che lo accolgono e innalzano al cielo con la citazione biblica di (Is. 49, 16) “Ti ho disegnato sulle palme delle mie mani, tu sei prezioso per me” e lo slogan “La vita è di Dio, l’aborto è contro Dio”. E a completamento, abbiamo posto in evidenza vestitini, oggetti, latte, e alimenti per i neonati a significare anche l’aiuto concreto che diamo a mamme in difficoltà con il loro bambino, mediante la raccolta di tutto ciò che può servire a neonati da zero a due anni.

Per due domeniche è stato esposto tutto questo e molti hanno apprezzato l’iniziativa con la quale intendiamo continuare a sensibilizzare sul tema della vita e della carità, secondo l’insegnamento del Vangelo. Confidiamo naturalmente anche nel vostro aiuto.

Il Gruppo Progetto Cicogna



Da non dimenticare le “belle” persone

Era una splendida giornata di sole. Il salone al primo piano era caldo e luminoso, come caldi e luminosi erano i volti dei nostri anziani, ospiti della Casa Albergo. Non appena hanno visto arrivare gli alpini, qualche nonno maliziosamente ha mormorato: - Dove sono finite le penne nere sul cappello? Come mai sono diventate piume? All’incontro sono intervenute le autorità civili di Borno e Ossimo, le autorità religiose, il personale, i volontari e molte altre persone che con la loro presenza hanno voluto dimostrare, ancora una volta, la stima e l’affetto che provano nei riguardi di questo corpo che ha deliziato gli ospiti con la presenza e il dono di un televisore per riempirne le giornate. Non mancava il gagliardetto con la bandiera tricolore.

a Casa Albergo

È stata celebrata la Santa Messa da don Simone, con la presenza anche di don Francesco e don Angelo. Alle letture hanno pensato due alpini. Nel corso della funzione religiosa molti nonni erano commossi. Si respirava un clima di intensa emozione. I sindaci, con fascia tricolore, hanno lodato e ringraziato gli alpini ricordando i loro molti interventi, la solidarietà, la disponibilità ad aiutare chi è nel bisogno, ribadendo che spesso si impegnano con risorse proprie a favore dei cittadini, con prestazioni anche di soccorso.

Sono sempre pronti per le emergenze e le calamità; sono sensibili e altruisti. Degli alpini si parla tanto, ma mai abbastanza. Mi piacerebbe dedicare a loro la frase, detta già da altri, ”diamoci da fare senza riserve”. Grazie.

a Casa Albergo

Gli Alpini della sezione di Ossimo Inferiore sono stati protagonisti sabato 18 febbraio 2012 di un pomeriggio di gioia, condivisione e solidarietà verso gli anziani ospiti della Casa di Riposo di Borno È stato un pomeriggio proprio piacevole, pieno di ricordi, di saluti ed abbracci, di commozione nel riconoscersi e nell’augurarsi reciprocamente tante cose belle. La S. Messa celebrata dal curato di Borno, don Simone Ziliani, con la presenza del Parroco don Francesco Rezzola, di don Angelo Bassi, dei sindaci di Ossimo e di Borno è stata seguita da tanti parenti ed amici degli ospiti che hanno, con una sola voce, cantato e partecipato alla funzione religiosa.

In seguito il Presidente degli Alpini Pierfranco Zani, a nome del gruppo, ha donato alla Casa di Riposo un televisore a schermo grande per allietare le giornate degli ospiti. Infine un brindisi ed un banchetto non potevano mancare in una occasione come questa, ma soprattutto non è mancata la promessa di ritrovarsi ancora in altre circostanze.

Francesca Franzoni
Assessore del Comune di Ossimo



Esperienze e lezioni di Vita

Mi sembra solo “ieri” che una assidua volontaria della casa di riposo mi chiedeva di sostituire momentaneamente una persona impossibilitata a prestare generosamente il suo aiuto presso la casa. Dopo non poche perplessità ho dato la mia disponibilità, doveva essere solo per qualche pomeriggio. Mi sentivo inadeguata, non sapevo come comportarmi. Guardavo negli occhi i nostri anziani e pensavo: la vita è gioia, ma troppo spesso è segnata dalla sofferenza,la sofferenza della solitudine, dell’abbandono, della malattia. Come si può alleviare la sofferenza di questi nostri nonni?

La mia amica mi incoraggiava:con la presenza costante e la disponibilità ad ascoltarli ed aiutarli nelle piccole cose. Ci vuole umanità, mi diceva, non devono essere lasciati soli; la nostra amicizia e la nostra compagnia possono fare molto; l’anziano deve sentirsi accettato, amato, rispettato e valorizzato. Parole sante! Perché allora non provare? Perché non dedicare alcune ore a chi ci aspetta con il sorriso?

I loro sguardi tristi sono spesso una invocazione di aiuto, una preghiera, una imprecazione, una ribellione all’ingiustizia della malattia e della sofferenza.

a Casa Albergo

Ebbene, è passato quasi un anno da quella fatidica richiesta, ancora “sopravvivo” ed eccomi qui ad implorare persone di buona volontà. Ho deciso che parte del mio tempo libero lo posso e lo voglio dedicare agli altri, dopo aver sperimentato che chi è solo e soffre attende un po’ della nostra attenzione anche senza chiederla. Io mi metto a disposizione pur sapendo che il mio apporto è piccolo piccolo. E voi?

Inizialmente ho faticato a controllare le mie emozioni e la rabbia di sentirmi inadeguata nell’aiutare, nel capire, nell’accettare le situazioni vissute dagli ospiti di casa albergo. Col tempo e con l’incoraggiamento delle volontarie sono riuscita a dominare i miei sentimenti. Ho imparato che è bello dare senza pretese, non ci si stanca e si riesce a guardare con affetto e amore quelli che stanno peggio di noi, ma che sanno sorridere e porgono la mano perché venga stretta. È palese il bisogno di contatto umano e di calore. Ora ringrazio veramente di cuore chi mi ha stimolata a far parte dell’esiguo gruppo “volontari della casa di riposo”, perché ho imparato a riconoscere ed apprezzare in profondità il senso dell’amore per gli anziani e del sacrificio ripagato con il cuore.

Credo di non avere una grande fede, ma ho scoperto di essere supportata da un amore immenso per le persone anziane e bisognose. Amore è dare senza la pretesa di ricevere… ma quanto si riceve! Ribadisco che nei primi tempi tornavo a casa con emozioni intense, spesso negative; vivevo l’ansia, l’angoscia, il disagio, il senso di insicurezza, di sfiducia, di frustrazione per ciò che stavo per accettare e sperimentare. È ancora molto doloroso sentirli desiderare e invocare la morte e non trovare le parole giuste per spronarli a vivere, ad accettare la malattia, la solitudine. Ho però capito che l’umiltà nel servire e la generosità fraterna verso gli anziani, ci fanno vivere qualcosa di bello e di importante, perché ci permettono di prenderci cura di loro senza pretendere una contropartita. Ho quindi imparato a controllare le mie emozioni, ad avere pazienza, forza e coraggio nell’aiutarli.

Ora per me è una gioia ed un privilegio essere periodicamente vicino a loro, e questo grazie alle volontarie che mi hanno trasmesso la bellezza e il calore dell’amicizia, tanto importanti per i nostri anziani, ospiti della casa albergo. Sono le piccole cose di ogni giorno come un sorriso, una carezza, un abbraccio, un bacio, un piccolo aiuto offerti con generosità che aiutano noi e loro a gustare di più la vita. Forse ci dimentichiamo di queste persone, perché siamo quasi esclusivamente concentrati su noi stessi, sulle nostre preoccupazioni e sui nostri interessi; ci dimentichiamo della solidarietà, dell’altruismo, dell’amicizia vera, del dovere di aiuto concreto.

Se all’inizio le giudicavo persone prive di gioia di vivere e di speranza, sfiduciate, fragili emotivamente, pigre, spesso dimenticate, lasciate sole, silenziose e tristi, anche se sono ben accudite dal personale di servizio dipendente di cui lodo la cura, la laboriosità e la sensibilità nell’operare, mi sono ricreduta. Molti nostri “nonni” vengono da altri paesi, per cui manca quel contatto umano e quel legame affettivo vero e proprio che solo i famigliari sanno dare, ma che purtroppo riescono a far loro visita raramente. L’impegno quindi del volontario è stimato e apprezzato. La sofferenza fisica non la si lenisce, ma quella psicologica sì.

In seguito a questa esperienza ho realizzato di essere una persona migliore. È comunque opprimente il silenzio che si respira, appena varcata la soglia del ricovero. Dalla sala-soggiorno dove vengono sistemati, i nostri nonni spiano l’ascensore e le persone che arrivano; gioiscono quelli che abbracciano il parente, ma gioisce pure chi viene avvicinato dai volontari, se sappiamo dare sincero affetto. È una sofferenza vederli patire per i loro malanni e non poter in alcun modo, se non con la presenza, la parola, l’incoraggiamento, un bicchiere d’acqua, lenire il loro male. Provo ancora tanto dolore, ma mi consola il fatto di sentirmi non necessaria, ma utile nel mio piccolo, perché mi sforzo di dare un senso alla loro sofferenza, al loro dolore tanto evidente sui volti scavati e negli occhi tristi. Com’è gratificante incontrare un sorriso e sentire un loro abbraccio! Sono persone deboli e bisognose, ma ricche di umanità, che sanno trasmettere esperienze di sapienza di cui sono ricche.

Quante cose imparo e riesco a condividere! È bello donare un poco di sollievo alla loro solitudine e farli sperare ancora. Se abbiamo dei sentimenti buoni, dei valori umani sinceri, del coraggio, facciamoci avanti. La felicità bisogna cercarla dove c’è e il posto giusto è con i nostri anziani. Gesti di amicizia e gratuità sono esperienze belle e vere che ci fanno crescere e camminare con loro. Come si può non voler bene a questi vecchietti dalla pelle rugosa, secca, diafana, a chi si sposta con la spina dorsale incurvata, a chi ha difficoltà di respiro, a chi trema, a chi deve essere imboccato? Sono pieni di acciacchi fisici per cui ne viene compromessa l’autonomia e l’indipendenza, tendono a chiudersi in se stessi, tendono allo sconforto e alla malinconia. Alcuni sono pure irritabili o colpiti da depressione caratterizzata da tristezza e avvilimento, con desiderio di morte, per cui il loro volto è triste ed inespressivo, pieno di ansia e di paura. Pochi sono i nostri anziani autonomi o parzialmente autonomi; i più sono sulle sedie a rotelle o si spostano con il carrellino.

Insieme e in tanti, nei limiti delle nostre possibilità e capacità, dovremmo riuscire a rendere più stimolante l’ambiente in cui operiamo, sollevandoli dall’isolamento e dalle insicurezze, trasmettendo loro sicurezza e fiducia, infondendo serenità e speranza. Tra i nostri anziani ci sono persone anche della 4° e 5° età: abbiamo due nonne ultracentenarie ancora in discreta salute sia fisica che mentale. Con coloro che sono in “forma”, e sono pochi, ci si scambiano chiacchiere sul tempo, si riferiscono pettegolezzi, ci si aggiorna sull’alimentazione (ottima la polenta con il brasato e il gorgonzola del sabato), sui servizi ricevuti, sui sogni notturni, sui ricordi. Alcuni hanno ancora la mente sveglia e attenta, una buona memoria e una curiosità viva. Come amano, soprattutto le nonnine, parlare dei figli, dei nipoti, dei pronipoti; tengono gelosamente nella loro borsetta appesa alla carrozzina le foto degli ultimi nati e me le mostrano con emozione e orgoglio.

Più che parlare, ho imparato ad ascoltare. Problemi e necessità ce ne sono nella nostra Casa Albergo. Basterebbe pensare al carico di lavoro per i dipendenti, alle situazioni dolorose, alle responsabilità, all’impegno, alla collaborazione armonica, alla generosità, al servizio disinteressato, alla presenza dinamica, alla capacità di sacrificio. Uniti ce la possiamo fare; sarebbe una bella testimonianza di fede e di carità cristiana. Le speranze e le attese sono sempre più vive; il mio è un affettuoso e caloroso appello.

Confido nelle tante persone disponibili, negli amici, perché diano un senso alla loro vita aiutando chi attende quel sorriso, quella carezza, quell’abbraccio, quel bacio. Papa Giovanni Paolo II richiamava spesso al valore cristiano della “gratuità” della carità, puntando sul “volontariato”, aperto alla dedizione ed al servizio nei confronti degli ammalati e degli anziani abbandonati alla loro solitudine.

Un grazie caloroso alla generosa e lodevole assiduità di chi lavora da molti anni con entusiasmo e gratuità. Un grazie sentito e speciale anche ai sacerdoti e alle suore. Quanta fede traspare dai volti dei nostri anziani durante la recita del Santo Rosario o durante la celebrazione della Santa Messa! Il Santo Rosario è la preghiera più attesa e importante, tanto desiderata, recitata a turno da alcune anziane che sgranano con devozione la corona. Sembra proprio una loro necessità, un momento di gioia. Che sia una boccata di ossigeno alle loro tristi giornate e conforto per andare avanti? Sembrano più sollevati e in pace perché hanno la certezza di avere il Signore e la Madonna vicino a loro.

Rieccomi quindi qui a seminare speranza: persone generose e di buona volontà ricordatevi di chi sta fermo per molte ore in poltrona o sulle carrozzine in attesa di qualcuno che faccia fare loro un giro lungo i corridoi di questa nostra magnifica struttura, ampliata e ristrutturata, una “casa” grande, moderna, adeguata ed efficiente, luminosa ed accogliente. Dedichiamo loro un po’ del nostro tempo e facciamoli sentire più vivi che mai. Abbattiamo le barriere dell’egoismo e dell’indifferenza. Grazie.

Una volontaria



Voglia di esserci

Il Carnevale è una favola? Sembrerebbe proprio di sì. È stato bello trovarci a Casa Albergo per donare ai nostri anziani un momento di festa, di canti, di allegria. Grandi e piccini hanno saltato, cantato, urlato divertendo e divertendosi, con trombette, lancio di palloncini multicolori e stelle filanti, all’insegna della solidarietà. Simpatia, fantasia, bravura e, perché no, voglia di allegrezza. La sala da pranzo, al piano terra dell’edificio, in pochi minuti si è liberata di tavoli e sedie divenendo colorata e festosa. L’organizzazione delle attività ha offerto un pomeriggio veramente diverso, divertente, creativo.

a Casa Albergo

I canti e le scenette hanno regalato agli ospiti momenti di serenità, di condivisione, ma soprattutto un sorriso in più e un grande gesto di amicizia. L’entusiasmo era di tutti, ma quello dei nonni era alle stelle! Trucchi, vestiti divertenti e originali, parrucche, maschere… Non mancava proprio nulla, anzi…. Nemmeno gli “attori” e i “cantori” di Ossimo. I nonni ascoltavano a bocca aperta le scenette belle e spiritose, improvvisate. Bravi tutti! Sembravano dei veri artisti, forse al di sopra delle loro stesse aspettative. Veramente meritevoli di lodi! Anche qualcuno del personale si è presentato con tanto di travestimento, rendendo alquanto difficile il loro riconoscimento.

Quante risate da parte di tutti i presenti, in particolar modo dalle mascherine sedute sul pavimento a gambe incrociate, modello indiani. Palese era la voglia di emozionarsi, di ricordare, di amare. Come è stato bello vedere la gioia brillare negli occhi dei nostri nonni! Sicuramente si sono resi conto del calore che li circondava. - Festa riuscitissima - ha dichiarato Gemma, la nostra amica di 101 anni – è stata l’occasione per incontrarci, parlare, ridere, cantare.

a Casa Albergo

Non sono mancati i canti popolari richiesti anche dagli ospiti: OH MIA ROSINA (in onore della centenaria Rosa), AMICI MIEI, PIEMONTESINA, MAMMA, LA MONTANARA… Ho chiesto a F., una nonna ancora in discrete condizioni fisiche e buone condizioni mentali, quali sono, secondo lei, gli ingredienti, non per preparare le lasagne, ma per un buon Carnevale. Le maschere, le sorprese, l’allegria, l’amicizia. Quanta saggezza in loro!

Aiutiamoli sempre di più, non lasciamoli soli. Un ricco buffet di Carnevale ha completato la festa in maniera eccellente. Ringraziamo tutti coloro che erano presenti per la disponibilità nel prodigarsi a rendere quel pomeriggio allegro, sereno, divertente. I nostri anziani sono sempre felici quando anche i bambini, pur se chiassosi e sempre caricati, fanno loro visita. Grazie



Noi per Loro: auguri dall’AIDO

Eccoci ancora insieme, per il consueto appuntamento sul giornale. Un anno, il 2011, assai difficile per milioni di italiani a causa della persistente crisi economica, i cui effetti negativi ricadono inevitabilmente anche sulle associazioni dì volontariato come la nostra AIDO. Basti pensare, al provvedimento che dal 2010 ha abolito ogni forma di agevolazione tariffaria postale, quadruplicando così il costo di spedizione di ogni copia di giornali come il nostro, il cui futuro è seriamente a rischio, al pari di altre iniziative associative. Da questo, i nostri reiterati appelli alla generosità dei soci, pur nell’imbarazzo di chiedere ulteriori sacrifici in un momento già difficile per tanti di loro. L’AIDO tuttavia ha bisogno di sopravvivere e di incrementare la sua attività, per diffondere sempre più tra la gente quella “cultura della donazione”che rappresenta la sua ragion d’essere. Purtroppo è una cultura della donazione che stenta ancora a diffondersi ad ogni livello, come dimostra quel 29% di opposizione ai prelievi di organi provenienti dai famigliari, potenziali donatori. La conseguenza è che a fronte dei quasi 3000 trapianti eseguiti, nel 2010 si contavano in Italia circa 9500 persone in lista di attesa per un organo sano da ricevere: uomini e donne, molti ancora giovani, la cui sopravvivenza, o qualità della vita, era strettamente legata a una donazione.

Dalla cultura della donazione era scaturito il consenso da parte dei famigliari, al prelievo degli organi di Marco Simoncelli, dopo il terribile incidente dello scorso 23 ottobre a Gran Premio motociclistico di Malesia. Purtroppo il prelievo non poté essere effettuato perché il giovane pilota era giunto al centro medico in stato di arresto cardiaco circolatorio, incompatibile con la donazione. E cultura della donazione è stato anche il sì pronunciato con immenso dolore, il 24 settembre, dai genitori del quindicenne casalasco Alessandro Varasi, vittima di un tragico incidente stradale a pochi chilometri da casa. E ancora di cultura della donazione, abbinata a straordinarie competenze tecnico-professionali, si può certamente parlare riferendoci a un autentico mito della moderna cardiochirurgia quale è il Prof. Viganò, in pensione dal mese scorso dopo 32 anni di direzione della Divisione di cardiochirurgia del Policlinico “San Matteo” di Pavia, con oltre 1400 trapianti di cuore all’attivo dal 1985 al 2011.

Grazie anche a persone come il prof. Viganò l’Italia da vari anni risulta ai primi posti nel mondo in fatto di donazioni e trapianti di organi. Un primato che rappresenta un legittimo motivo di orgoglio per gli amici soci dell’AIDO, ai quali rivolgiamo intanto i più fervidi auguri per questo anno che inizia.

Carlo Moretti



Sostenere l'AVIS

Ogni stagione dell’umano ha storie diverse, si caratterizza per messaggi che raggiungono frontiere particolari, ma spesso riconducibili all’urgenza di individuare i luoghi dell’autentica solidarietà, il che significa raggiungere il cuore dei problemi. Un nuovo anno che inizia non è un’avventura qualsiasi, non appartiene alla semplice nozione cronachistica e come direbbe Montale, va oltre la ”muraglia” che ci impedisce di scorgere segni di infinito. Noi vorremmo che proprio il 2012 diventasse l’anno della scoperta di qualche cosa che ci riempie di tanta pace, affinché siamo vicini a tutti gli uomini e con i nostri gesti, umili o grandi, riusciamo a far nascere un sorriso, a scoprire un volto amico, a far crescere un dono, a dare voce, autenticamente, alla condivisione, fatta di cose, ma pure di incontri e di parole. In casa avisina da decenni è nato il Gruppo “Soci Sostenitori” che, in clima di pazienza e di silenzio, sostengono, dall’esterno il “dono del sangue”, continuando la felice intuizione di De Scalzi, così aperto a rintracciare valori di altruismo negli ambiti della nostra Comunità.

Ora, anche in questa realtà, tanto benemerita, occorrono aiuti e attenzioni, che alla fine significano ulteriore incentivazione e valorizzazione della donazione di sé, da parte di chi ha potuto prima e non può più essere ora, attivamente presente in prima linea. Operiamo perché si estenda il cerchio dell’interessamento, in una consapevolezza destinata a scrivere pagine di sensibilità umane, in una stagione, poi, che registra una certa inquietudine attorno al dono del sangue vero e proprio, anche per le nuove configurazioni sociali e del lavoro. Per tutti, valgono i versi dello scrittore inglese Laurence Housman (1865 – 1959) autore di libri per ragazzi e di vario soggetto, specialmente di S. Francesco d’Assisi: ”La pace guardò in basso e vide la guerra. Là, voglio andare, disse la pace. L’amore guardò in basso e vide l’odio. Là, voglio andare, disse l’amore. La luce guardò in basso e vide il buio. Là, voglio andare, disse la luce. Così apparve la luce e risplendette.” I mesi che verranno siano una riscoperta, continua ed appassionata, di quanto, veramente, arricchisce il cuore e l’intelligenza, perché orizzonti più veri si presentino, in casa nostra e fuori, in una condizione di vita che non umilia, bensì arricchisce l’interiorità, dove ancora sono possibili giorni di serenità.

Carlo Moretti



Carnevale 2012

Domenica 19 febbraio, come da tradizione, anche il nostro paese ha festeggiato il Carnevale. L’appuntamento per tutti era presso il piazzale “ex mercato”, da dove si è formata la sfilata dei carri e delle persone in maschera, in direzione della piazza Umberto I. Tre sono stati i carri allestiti: il carro di “Super Mario bros” dei ragazzi adolescenti e poi due carri di ragazzi e genitori, “I Barbapapà” e “The Mystery Machine” di Scooby Doo.

Nonostante il tempo non fosse dei migliori, ci siamo divertiti un sacco e abbiamo fatto divertire quanti si sono uniti alla sfilata. In piazza poi ci sono state le premiazioni con fiumi di caramelle per tutti, le fotografie di rito e i balli, che hanno coinvolto tutti i presenti. Grazie a tutti quanti si sono dati da fare per poter realizzare questo evento: le mamme, i papà, le sarte, gli adolescenti e gli animatori. E per tutti la promessa di ritrovarci il prossimo anno, magari ancora più numerosi.

Don Simone