Parrocchia san Giovanni Battista - Borno

Archivio Cüntómela

cuntomela Pasqua 2018

Pasqua 2018

LA GIOIA DELLA PASQUA
CAMPANE A FESTA
DIECI PAROLE SULLA PASQUA
GIOIA ANCHE PER LE NOSTRE COMUNITÀ
CHARTA 1018: agli albori della chiesa di Borno
“DA MILLE ANNI IN CAMMINO”
Presepio Vivente 2017
Carnevale bornese 2018
TRENTANNI DI CÜNTÒMELA
IL MIO INCONTRO CON PAPA FRANCESCO… E CON MARIA
PADRE GIACOMO... CIRCONDATO DA VITA
MEMORIE DI SUOR LUCIA Fede o miracolismo?
Chiamati alla vita eterna
CHIESA DEI SANTI COSMA E DAMIANO Opere di restauro del portale barocco
FESTA DI CARNEVALE ALL’ORATORIO di Ossimo Inferiore
Benvenuti fra noi... BATTESIMI
Chiamati alla vita eterna
OMOSESSUALITÀ: come i cattolici possono accogliere i credenti LGBT
DON CAMILLO E IL ROSARIO AL CONFINE
Chiamati alla vita eterna
UN RACCONTO EDIFICANTE per prepararsi alla S. Pasqua
DON CAMILLO E L’OLIO DI STALLA
La chiesa parrocchiale dei santi NAZZARO e CELSO
IL PRESEPIO DI LAVENO AL “DOSÉL”
IL RESTAURO DELL’ALTARE LIGNEO DI SUCINVA
A PROPOSITO DI FIORELLA MANNOIA… una di noi


Cüntòmela PER RIFLETTERE

LA GIOIA DELLA PASQUA

cristo risorto

Siamo a metà marzo a Borno. La primavera dovrebbe già fare capolino e lasciare esplodere la gioia della natura che riprende vita, ma ancora siamo immersi nel grigiore e nella nebbia. Così, con la neve che ancora sporca le strade, aspettiamo la Santa Pasqua che si avvicina, ma senza le avvisaglie della gioia di cui è avvolta questa grande festa.

Eppure nel giorno di Pasqua non potrà mancare la gioia. Ci deve essere la gioia, almeno per noi che abbiamo creduto in ciò che accadde a Gerusalemme dopo la Passione, quando le donne scoprirono la tomba vuota di Gesù e i discepoli verso sera lo incontrarono vivo. La stessa gioia che provarono loro è la nostra gioia, che scaturisce dal sapere che Gesù è veramente risorto dai morti e veramente ci ha conquistato la garanzia della immortalità, della vita eterna, del paradiso.

L’augurio che ci facciamo a vicenda è dunque, che la Santa Pasqua porti anzitutto la gioia di vivere, e poi la pace nel cuore, in famiglia, tra le persone. Noi che crediamo nella resurrezione di Gesù non possiamo più rimanere come prima, rimanere uomini e donne tristi, scoraggiati, senza speranza e pessimisti. Noi non seguiamo più una religione qualsiasi, la religione della croce soltanto. Ormai noi apparteniamo alla Chiesa di Dio e alla fede di Cristo morto e risorto, dove certo la croce è un passaggio di vita necessario, ma la resurrezione è lo stato definitivo promesso e la speranza fondata che anche noi risorgeremo.

Con questa certezza noi guardiamo il mondo in cui viviamo che però sembra ancora dire il contrario: guerre, sofferenze, ingiustizie che paiono non finire mai. E allora, come si fa ad essere sereni, ottimisti, gioiosi? Come si fa, di fronte a tutto questo, a rimanere in pace con la nostra gioia che ha il sapore della beffa o dell’ingenuità che chiude gli occhi di fronte alla dura realtà della vita?

Anche se sembra davvero un banco di prova, noi dobbiamo continuare sulla via dove ci ha posto il Signore. Noi abbiamo il dono della fede e crediamo in Cristo risorto e dunque, davanti alla realtà spesso così angosciante, dobbiamo provare a guardarla con gli occhi di Dio, che vuole bene a tutti, e trova il modo di far sentire questo a chi ama, vuole il bene di tutti, vuole il mio bene, anche se valgo così poco e non lo merito. Accade allora che sia questo modo di guardare come guarda Dio il mondo, a cambiare la vita nostra e la percezione della realtà.

La gioia di Pasqua viene dal credere totalmente in Gesù, in Lui solo che è risorto, che ha sconfitto il male del mondo, il peccato, la morte e tutto quello che è causa della nostra tristezza. Egli non ci è mai estraneo, ci conosce, partecipa della nostra stessa vita, conosce le nostre debolezze e ciò che la vita e la natura ci fanno patire: fame, sete, stanchezza, tristezza, ingiustizia, crudeltà, offese. Oltre tutto questo, la resurrezione è la nostra speranza, la nostra liberazione, l’inizio della vita nuova da vivere in sintonia e intimità con Dio e in comunione con i nostri fratelli. Sia dunque la Santa Pasqua l’incontro vero con la gioia, il sollevamento dai tanti pesi spirituali, morali e psicologici che ci opprimono, la liberazione da tutti gli attacchi che ostacolano il nostro cammino verso Dio, che è la somma felicità e gioia dell’uomo.

Don Francesco



Cüntòmela PER RIFLETTERE

CAMPANE A FESTA

campanile Borno

Finalmente, dopo 48 anni, un giovane di Borno sarà ordinato sacerdote. Mezzo secolo fa, noi sacerdoti nativi di Borno, tra diocesani e appartenenti a Congregazioni Religiose, eravamo in 9. Ora siamo rimasti soltanto in tre e, per di più, carichi di anni.

È giusto pertanto che le campane di Borno squillino a festa quando il 9 giugno prossimo Don Alex Recami sarà ordinato sacerdote dal Vescovo di Brescia e, il giorno dopo, celebrerà per la prima volta la Messa nella chiesa di Borno.

Nel millennio della prima menzione in un documento storico del nome “Borno”, l’ordinazione sacerdotale di un bornese è fra gli eventi dell’anno che recano maggior gioia al cuore. Più che giustificato è, pertanto, il suono delle campane del nostro bel campanile in quel giorno. Il sacerdote è sempre un dono di Dio alla Chiesa e all'umanità.

La società odierna, che va assumendo orientamenti spesso distanti dalla tradizione cristiana, conserva in fondo al cuore fame e sete di Dio e del suo amore. Per questo cerca il sacerdote e desidera fortemente la sua presenza, anche se poi lo ascolta poco.

Il prete tuttavia non sempre è visto con gli occhi della fede: a volte è considerato semplicemente come un amico e compagno di viaggio; spesso il sacerdote è apprezzato solo perché è uomo per gli altri, che spende tutte le sue energie e tutto il suo tempo per il bene degli altri e aiuta ciascuno a dare il meglio di sé, valorizzando e facendo crescere il bene che vi è in ogni persona.

Certamente anche questa è una dimensione vera del sacerdote ed è doveroso apprezzare il servizio educativo e sociale che egli svolge: un servizio non piccolo in ogni parrocchia in favore specialmente della gioventù, degli ammalati, dei più bisognosi. Quando non si sa a chi rivolgersi, la nostra gente va dal prete.

Non è però questa la dimensione principale del sacerdozio. Il sacerdote è innanzitutto uomo di Dio. Egli è scelto per essere tutto di Dio, per essere in comunione intima con Cristo: il sacerdote è colui che proclama la parola di Dio, che offre al Padre celeste il memoriale del sacrificio di Cristo.

In breve possiamo dire che il sacerdote è colui che, nella preghiera, parla a Dio degli uomini e poi parla di Dio agli uomini. Immerso nel visibile, il sacerdote è chiamato ad essere testimone dell’invisibile.

Nella vita del Curato d’Ars vi è un episodio che è illuminante a questo proposito. Nel recarsi a prendere possesso della parrocchia a cui era stato destinato, l’Abbé Jean Marie Vianney dovette fare a piedi gli ultimi chilometri. Non conosceva il cammino e, per di più, era una giornata di nebbia. Ad un certo punto incontrò un ragazzo al quale chiese di indicargli la strada per Ars. Quel ragazzo precisò che quella era la sua parrocchia.

Allora il Curato d’Ars con un sorriso gli replicò: “Tu mi hai insegnato la via per Ars, io ti insegnerò la strada per il cielo”,

In questa espressione del Curato d’Ars vi è la ragione di tutto l’impegno sacerdotale, il sacerdote è prima di tutto e soprattutto colui che indica la strada che porta al Cielo e che ricorda a tutti che “non di solo pane vive l’uomo”, perché egli ha anche un’anima da salvare.

A Don Alex auguro di essere un uomo di Dio, che fa sentire il fascino del Vangelo di Cristo e che, sull’esempio del Curato d’Ars, trova sempre il tempo di dedicarsi al ministero del Sacramento del perdono, perché è nel confessionale che si decide la sorte delle anime.

Gli auguro inoltre una vita gioiosa per comunicare agli altri serenità e gioia, mentre prego il Signore di aiutarlo ad amare l’umanità del nostro tempo, condividendone inquietudini, problemi e speranze come uomo di Dio, “scelto fra gli uomini per il bene degli uomini nelle cose che riguardano Dio”, come dice la Lettera agli Efesini.

Card. Giovanni Battista Re



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DIECI PAROLE SULLA PASQUA

risurrezione
Raffaelino del Garbo, Resurrezione 1510

Pasqua di risurrezione: “Non abbiate paura! Voi cercate Gesù Nazareno, il crocifisso. È risorto, non è qui” (Mt 16,6).
Quando noi confessiamo che Cristo è risorto, non ci riferiamo semplicemente alla tomba trovata vuota dalle donne il mattino di Pasqua, ma che Egli vive in eterno, per fare dono anche a noi della vita che non avrà mai fine.

Pasqua di gloria: "Era necessario che il Cristo sopportasse queste sofferenze per entrare nella sua gloria" (Lc 24,26).
Nella Pasqua, guardando a Cristo crocifisso e risorto, noi annunciamo che la morte non è ultima parola dell’esistenza umana. Anche se i nostri sacrifici sembrano infruttuosi, quanto di buono e di amore abbiamo seminato nella vita diventerà Pasqua di gloria.

Pasqua del Signore: "Abbiamo visto il Signore" (Gv 20,25).
Quando riconoscono il Signore risorto, i discepoli lo chiamano “Signore”. Con questo titolo vogliamo affermare che Egli è il fondamento della vita, della storia e del mondo. Egli è la salvezza presente e futura per ogni uomo.

Pasqua eucaristica: “Allora si aprirono loro gli occhi e lo riconobbero nello spezzare il pane” (Lc 24,35).
Il Cristo risorto si incontra nell’Eucaristia. Partecipando alla santa Messa si fa la stessa esperienza dei discepoli di Emmaus: si aprono gli occhi del cuore e si vede Dio in ogni cosa.

Pasqua della vita: “Cristo è risorto dai morti, primizia di coloro che sono morti" (1 Cor 16,9 ).
La Pasqua ci invita a non cercare tra i morti Colui che è vivo. La vita del credente non è solitudine angosciante, ma un'esperienza condivisa con il Risorto. Ora sappiamo che veniamo da Dio, che siamo fatti a sua immagine e che la nostra vocazione è quella di "riprodurre le caratteristiche di Cristo.” (Rm 8,29).

Pasqua di santificazione: “A chi rimetterete i peccati saranno rimessi e a chi non li rimetterete, resteranno non rimessi” (Gv 20,23).
Cristo ha voluto che la Chiesa fosse segno e strumento del perdono e della riconciliazione che ci è stata ottenuta a prezzo del suo sangue per una Pasqua santa.

Pasqua di gioia: “I discepoli gioirono al vedere il Signore” (Gv 20,20).
I cristiani non sono discepoli di un morto, ma di un Risorto. La gioia pasquale dà il senso vero alla vita del cristiano. Nonostante le croci e le sofferenze della vita, la fine sarà sempre e inevitabilmente la gioia vittoriosa della Pasqua di risurrezione.

Pasqua di pace: “Pace a voi” (Gv 20,21).
Il primo dono del Signore risorto è la pace, offerta ai suoi discepoli. È possibile portare la pace, offrire la pace; una pace traboccante che nasce sempre dal possesso di Dio e dalla sua grazia e che si manifesta nella tranquillità dell’animo, nell'integrità del corpo, nella felicità piena, nella garanzia del cielo. Pace con Dio, pace con i fratelli, pace con se stessi, pace con il creato perché Cristo è la nostra pace.

Pasqua missionaria: “Come il Padre ha mandato me, così io mando voi" ( Gv 20,21).
Chi vive della fede e della gioia pasquale non può rimanere indifferente al mondo. Siamo un popolo “in uscita” verso il mondo e gli uomini. La Chiesa del Signore è tanto più Chiesa quanto più sarà aperta all’evangelizzazione del mondo per una vera Pasqua di risurrezione.

Pasqua di comunione: “Venne Gesù e stette in mezzo a loro" (Gv 20,19).
La vita comunitaria non consiste nello stare semplicemente insieme, o collaborare per svolgere un compito di carattere sociale o apostolica, ma per essere veramente uniti con Cristo e tra di sé. La comunità rende presente Cristo Risorto, ieri oggi e sempre.

Don Simone



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GIOIA ANCHE PER LE NOSTRE COMUNITÀ

giornata della vita Borno

Il 4 febbraio si è celebrata la giornata della vita dal titolo “Il Vangelo della vita, gioia per il mondo”.
La giornata è stata splendida per tempo e per partecipazione di gente. Il Gruppo Cicogna, come è tradizione da diversi anni, ha invitato a partecipare alla Messa domenicale tutte le coppie che hanno avuto un figlio nel precedente anno 2017. Per questo giorno speciale perciò ha preparato un cartellone, posto dinanzi all’altare, raffigurante il cielo con tante stelle gialle su alcune delle quali erano incisi i nomi dei 21 bimbi nati. Una culla, simbolo di accoglienza, spiccava davanti al cartellone.
Poiché nello stesso periodo era stata montata in Chiesa la tradizionale “Machina del Triduo”, per me, ma penso anche per altri, è stato inevitabile pensare all’analogia dei due momenti: la gioia per una vita terrena e la gioia per una vita eterna. Durante la celebrazione della Messa le piccole creature sono state davvero sagge, non hanno né pianto né dato segni d’impazienza forse perché avviluppate e attratte dalle dolci canzoni di Chiesa.
Al termine del rito religioso sono stati offerti ai genitori dei bimbi due libri di preghiere di cui uno dedicato all’insegnamento del Padre Nostro per i più piccoli.
All’uscita dalla Chiesa è arrivato il momento più atteso dai bambini: il lancio dei palloncini con legati ai fili i pensierini sulla vita scritti dai ragazzi che frequentano il catechismo.
Leggendone alcuni dei bimbi della terza classe della scuola primaria non ho potuto fare a meno di riportare qui pensieri che risultano profondi e, anche se alcuni fanno sorridere, sono comunque scaturiti dalla loro innocenza e spontaneità.

Francesca

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Cüntòmela a BORNO

CHARTA 1018: agli albori della chiesa di Borno

La più antica testimonianza scritta indicante l’esistenza nella terra di Borno di un edificio di culto a servizio della comunità risale agli inizi dell’XI secolo. La preziosa notizia si ricava nel corpo di una “charta cessionis, et promissionis” stipulata - con l’intervento di vari attori - nella giornata di giovedì 13 novembre 1018, proprio sulla soglia della locale chiesa, allora intitolata a San Martino. Fondata con ogni probabilità durante la rigogliosa e pervasiva espansione del cristianesimo compiutasi sul finire dell’epoca longobarda e nella immediatamente successiva età carolingia, la costruzione (indicata con l’arcaico nome di “basilica”) recava la dedica al grande vescovo turonese Martino, vissuto nel IV secolo.

La devozione verso il santo presule - molto popolare già in vita - fu fortemente sentita nelle aree soggette all’influenza franca, trovando ulteriore, decisivo stimolo allorché l’intera Valle Camonica venne donata nel 774 dal magnanimo re Carlo al monastero transalpino di San Martino di Marmoutier di Tours.

Acquisendo progressivamente un sempre più concreto grado di autonomia dalla pieve matrice di riferimento, quella di Santa Maria Assunta di Cividate (presso la quale nei primi secoli cristiani si amministravano in via esclusiva i sacramenti - in particolare il battesimo - e si esercitavano le mansioni annesse alla cura d’anime a beneficio di tutte le cappelle rurali che vi stavano soggette), più tardi la chiesa bornese assumerà lo status pieno e riconosciuto di parrocchiale, ricevendo - intorno al 1145 - la formale consacrazione da parte del vescovo di Brescia e ottenendo - nel 1185, al termine di un defatigante processo - la superiore conferma ufficiale del diritto a tenere in funzione il proprio battistero, a seguito del cui impianto venne introdotto e associato il nuovo patrono San Giovanni Battista (come è notorio, autore del battesimo di Gesù Cristo, oltre che martire dell’affermazione dell’indissolubilità del sacramento matrimoniale), destinato alla lunga a primeggiare1 e a prevalere definitivamente sulla primitiva intestazione.

Mediante la solenne comparsa del 1018, celebrata alla significativa ombra del luogo sacro (correttamente non al suo interno, rivestendo l’evento connotati eminentemente di natura laica con risvolti concernenti la sfera economica) onde imprimere alla circostanza un più alto valore sostanziale e sollecitare i contraenti a mantenere fede alla parola data, una folta delegazione proveniente dalla vicina Valle di Scalve effettuava sotto giuramento - nelle mani dei vescovi di Brescia Landolfo II (appartenente alla nobile famiglia dei signori di Arsago Seprio, in sede dal 1003 alla morte, avvenuta nel 1030, presente con il suo avvocato giudice Lafranco) e di Bergamo Alcherio (in cattedra dal 1013 al 1022, convenuto insieme al suo legale giudice Zirardo), nonché di Lafranco conte del Sacro Palazzo - espressa e trasparente rinuncia (anche a vantaggio degli abitanti di Borno) a sostenere e a rivendicare sotto qualsiasi luogo e modalità ogni diritto vantato in merito alla giurisdizione di una vasta montagna nominata Negrino, un florido territorio di confine da parecchio tempo aspramente conteso tra le due parti contermini; contestualmente i rappresentanti degli scalvini, pur non esimendosi dall’avanzare riserve sull’equità e fondatezza di quanto si stava operando, si impegnavano a pagare una pesante sanzione in caso di contravvenzione.

La concomitante presenza di così alte autorità religiose e civili a Borno in piena stagione autunnale, con una situazione di collocazione geografica e di comunicazioni stradali non certo favorevole agli spostamenti, costituisce una prova evidente degli straordinari e molteplici interessi che ruotavano intorno alla questione del Negrino e viene implicitamente a sottolineare il sicuro rilievo raggiunto dal paese come centro organizzato sotto il profilo istituzionale e importante realtà dal punto di vista economico.

documento antico Borno

L’atto del 10182, raccolto e convalidato dal notaio Obertino, si pone come primo capitolo tramandato dalle fonti di una raccapricciante controversia che vide fronteggiarsi - per almeno sei secoli - i terrazzani di Borno e quelli di Scalve, orrendamente e fieramente gli uni contro gli altri armati fino ai denti. Di quelle cupe e sanguinose vicende - risuonate con fragore in decine di pugne sul campo e in contorti dibattimenti da tribunale - non intendiamo occuparci in questa occasione, suggerendo a chi fosse interessato ad approfondirne gli intricati aspetti la consultazione della bibliografia disponibile sull’argomento, fattasi ormai copiosa3.

Del documento in esame si conoscono, a quanto risulta, tre versioni (con diverse varianti nel dettato): la prima (immagine sopra), manoscritta, si conserva presso l’Archivio Comunale di Borno (Vertenza per il Negrino), è risalente agli inizi del XVI secolo (probabilmente al 1517) e appare gravemente danneggiata e parzialmente illeggibile nella sezione finale, a causa di bruciature nel margine inferiore della carta dovute a incendio (accaduto nel 1919).

documento antico Borno

La seconda, pure manoscritta, è settecentesca e si trova nell’Archivio di Stato di Brescia (Comune di Borno, b. 321); la terza, a stampa, figura nel secondo volume (alle colonne 491-492) del Codex diplomaticus civitatis, et ecclesiae Bergomatis, allestito dal canonico primicerio e archivista della cattedrale di Bergamo don Mario Lupo (Bergamo 1720-1789), pubblicato postumo (a cura dell’abate don Giuseppe Ronchetti) in Bergamo nel 1799. Quest’ultima trasposizione (tratta da esemplare autenticato nel XVI secolo dal notaio Francesco Rubino di Venezia) venne preparata e generosamente trasmessa negli anni Ottanta del Settecento all’erudito collega orobico dall’arciprete di Cividate don Giambattista Guadagnini (Esine 1723 - Cividate 1807), multiforme e affermato studioso di eccellenti qualità, assai versato nelle dissertazioni di storia ecclesiastica, in gioventù maestro di scuola e organista nella chiesa di Borno4.

Essenzialmente quale contributo preliminare al programma delle manifestazioni promosse dalla parrocchia nel corrente 2018 per ricordare i mille anni trascorsi da quell’originario avvenimento, si fornisce la riproduzione della “Charta” così come è riportata nel Codex del Lupo (immagine sopra), seguita da trascrizione (con debita traduzione) condotta sul testo cinquecentesco conservato nell’Archivio Comunale di Borno, integrato tenendo conto della versione settecentesca dell’Archivio di Stato di Brescia, nonchè dell’edizione bergamasca (quest’ultima contenente vari aggiustamenti interpretativi). Trascrizione e traduzione (pag. 9) sono a cura di Silverio Franzoni (allievo perfezionando in Scienze dell’Antichità - Classe di Scienze Umane, Scuola Normale Superiore di Pisa)5.

Oliviero Franzoni

In die Iovis quod est tertiodecimo die mensis Novembris, in villa que dicitur Burni ante hostium basilice Sancti Martini, presentia bonorum hominum quorum nomina subtus leguntur, dederunt vadia Iohannes presbiter, et item Iohannes similiter presbiter, una cum Rozo et Iohanne avocatores ipsius presbiteri, Lazaro et item Lazaro, Petrus, Dominichus, Bono, Lazaro, Petrus, Andreas, Ursus, Petrus, Natale, Dominichus, Lazaro, Iohannes, Scalvinus, Albertus, Gustantius, Petrus, Dominicus et item Petrus, Andreas, omnes de Scalve loco, domino Landulfo episcopo Sancte Brixiensis Ecclesie, et Lafrancus iudex avocato suo, et domini Alcherii episcopi Sancte Bergomensis Ecclesie, Zirardi iudex avocato suo, seu domini Lafranci comitis Palatii de comitatu Bergomense, seu ceteris habitantibus in eodem loco Burno, eo tenore, ut sic scriptum legitur: ut amodo nullam unquam habeant licenciam nec potestatem per nullum ius ingenium nullamque occasionem que fieri potest, agere nec causare nominatim de monte quod nominatur Negrino, iuris ipsorum seu domini Lafranci comitis vel ceteris omnibus quibus esse voluntaverunt; in eodem fundo Burno locus, ubi nominatur predicto monte Negrino coheret ei de una parte nominatus Salto Barbice usque ad Uro de Liogne, et usque in termino de Nimo Rovareto, et usque ad Imo Canale, usque ad Prato Sancto et in Collo, dicendum quod nobis exinde aliquid pertinere debet; sed in omni tempore exinde taciti et contenti permaneamus, quod si amodo aliquo tempore nos quam suprascripti Iohannes, Petrus, et item similiter Petrus, una cum Rozo et Iohannes avocatores ipsius presbiteri, Lazaro, Petrus, Dominicus, Bono, Lazaro, Petrus, Scalvino, Andrea, et item Andrea, Petrus, et item Petrus, Natale, Petrus, Iohannes, Andreas, Urso, Petrus, Natale, Dominico, Lazaro, Iohannes, Scalvino, Alberto, Gustantio, Petrus, Dominicus, et item Petrus, Iohannes seu Andrea una cum nostris heredibus, vobis, quam nostrorum dominorum episcoporum, et a suis successoribus, seu domini Lafranci comitis, vel a suis heredibus, aut cui vos dederitis suprascriptum montem et alpe que dicitur Negrino, qualiter supra legitur, agerimus aut causaverimus per nos aut nostras subvenientes personas, et omni tempore exinde taciti et contenti{s} permanserimus, ac si apparuerit ullum datum, aut factum vel quolibet scriptum, quod nos exinde in alia parte fecissemus, et clarum factum fuerit, tunc obbligavimus componere pena, nomine argentorum denariorum bonas libras duo milia, et in eo tenore omnia qualiter supra reddiderunt ipsis dominis episcopis, et predictis avocatis suis seu iam dictus Lafrancus comes ipsa wadia a predictis hominibus, sicut scriptum tamquam fideiussores, et obbligaverunt eis exinde per propria wadia penas suorum et suis heredibus letas et inletas ad comprehendendum ubicunque eas invenire potuerunt sine ulla calumnia.
Factum est hoc anno Imperii domini Henrici {decimo} (vix legitur; fort. pro d. g., i.e. dei gratia?) quinto isto die iovis indictione secunda.
Signum ### manibus suprascriptorum Rozoni, Iohanni, Lazaroni, et item Lazaroni, Petri, Dominici, Bononi, Lazaroni, Petri, Scalvini, Andrea, et item Andrea, Petri, et item Petri, Natali, Petri, Iohanni, Andrea, Ursoni, Petri, Natali dicti Laurentoni, Iohanni, Scalvini, Alberti, Gustanti, Petri, Dominici, et item Petri, Iohanni seu Andrea qui ipsa {a}wadia dederant et obbligaverunt ut supra. [ultra non legitur in 1517]
Signum ### manibus advocatores et testes, seu Algesio de Caripento, Hualdrico de Bagnolo, Ariberto de Botaliano interfuerunt.
L. S. ego Obertinus notarius Sacri Palatii interfui et scripsi.

Giovedì 13 novembre, nel villaggio chiamato Borno, davanti all’ingresso della chiesa di san Martino, in presenza degli onest’uomini nominati più avanti, Giovanni, sacerdote, un altro Giovanni, anch’egli sacerdote, insieme a Rozone e Giovanni avvocati del sacerdote, Lazzaro e un altro Lazzaro, Pietro, Domenico, Bono, Lazzaro, Pietro, Andrea, Orso, Pietro, Natale, Domenico, Lazzaro, Giovanni, Scalvino, Alberto, Costanzo, Pietro, Domenico, e ancora Pietro e Andrea, tutti di Scalve, giurarono a monsignor Landolfo, vescovo della santa Chiesa bresciana, a Lanfranco, giudice e avvocato suo, a monsignor Alcherio, vescovo della santa Chiesa di Bergamo, a Zirardo, giudice e avvocato suo, e al signor Lanfranco, conte palatino della contea di Bergamo, e agli abitanti di Borno, nella maniera che qui si legge.
Che d’ora in poi non abbiano alcuna possibilità né autorità, per nessun diritto, iniziativa o occasione che si possa verificare, di sporgere causa o denuncia a proposito del monte chiamato Negrino, di potestà loro ossia del signor conte Lanfranco o di chiunque altro cui essi vorranno che appartenga. In territorio di Borno, questi sono i confini del suddetto monte Negrino: da una parte il Salto Barbice fino a Uro delle Ogne, e fino al confine di Imo Rovareto e fino a Imo Canale, fino al Prato Santo e fino al Collo.
Pur sostenendo che qualcosa di tutto ciò dovrebbe appartenere a noi, giuriamo di restare sulla questione sempre zitti e contenti;
e se d’ora in poi una qualche volta noi suddetti Giovanni, Pietro e un altro Pietro, insieme a Rozone e Giovanni avvocati del sacerdote, Lazzaro, Pietro, Domenico, Bono, Lazzaro, Pietro Scalvino, Andrea, un altro Andrea, Pietro e un altro Pietro, Natale, Pietro, Giovanni, Andrea, Orso, Pietro, Natale, Domenico, Lazzaro, Giovanni, Scalvino, Alberto, Costanzo, Pietro, Domenico, e ancora Pietro, Giovanni e Andrea, insieme con i nostri eredi, dovessimo sporgere causa o denuncia – noi stessi o tramite nostri rappresentanti – a voi, nostri signori vescovi, e ai vostri successori, o al signor conte Lanfranco e ai suoi eredi, o a chi voi avrete assegnato il suddetto monte e l’alpeggio che si chiama Negrino (nei termini che si leggono sopra), e dovessimo tenercene sempre contenti e zitti, e se comparisse un qualche indizio, fatto o scritto che noi abbiamo fatto qualcosa del genere, e la cosa fosse acclarata, allora noi ci obblighiamo a pagare come multa duemila libbre di denari d’argento.
In questa maniera giurarono tutto ciò, secondo quanto sopra è riportato, ai monsignori vescovi, ai loro avvocati suddetti e al nominato conte Lanfranco, di fronte agli uomini già nominati in qualità (com’è scritto) di testimoni, e si obbligarono sé stessi e i loro eredi, d’ora in poi, con il loro giuramento a pagare una multa, raccogliendo il denaro necessario in ogni maniera possibile, purché senza commettere illegalità.
Fatto nel quinto anno dell’impero di Enrico signore, questo giovedì, indizione seconda.
Firme dei suddetti
Rozone, Giovanni, Lazzaro, ancora Lazzaro, Pietro, Domenico, Bono, Lazzaro, Pietro, Scalvino, Andrea, un altro Andrea, Pietro e ancora Pietro, Natale, Pietro, Giovanni, Andrea, Orso, Pietro, Natale detto Lorenzone, Giovanni, Scalvino, Alberto, Costanzo, Pietro, Domenico, un altro Pietro, Giovanni e Andrea, che giurarono e si obbligarono come sopra.
Firme degli avvocati e dei testimoni, ossia di Algesio di Caripento, Gualdrico di Bagnolo e Ariberto di Botaliano, che furono presenti.
Luogo del sigillo di me, Obertino, notaio del Sacro Palazzo, che fui presente e scrissi il documento.

1. Già agli inizi del XIV secolo, come risulta da documenti degli anni 1318-1320 redatti “sub porticu ecclesie sanctorum Iohannis Baptiste et Martini” (in cui compare il nome di un certo Maifredo, “presbitero” addetto “dicte ecclesie”).

2. Il documento reca l'annotazione di essere stato redatto nell'anno decimo quinto dell'impero di Enrico, indizione seconda: probabilmente per un errore di lettura del notaio trascrittore, deve leggersi invece anno quinto, poichè Enrico II di Sassonia venne coronato imperatore il 14 febbraio 1014 (il 1019 che si ricava dalla somma 1014 + 5 deve intendersi 1018, sia perchè l'anno V d'imperio è compreso tra il 14 febbraio 1018 e il 13 febbraio 1019, sia per via dell'indizione II, da ritenersi come indizione bedana, usata all'epoca nella cancelleria imperiale, che iniziava con il 24 settembre dell'anno precedente a quello cui viene attribuita l'indizione data). Nella versione risalente al 1517 la parola “decimo” si legge male, mentre è chiarissima nella copia settecentesca (potrebbe anche essere errore dovuto a cattiva interpretazione di abbreviazione dell’espressione “Dei gratia” o similari).

3. Cfr.: G. GUADAGNINI, Ricerca istorica in cui si mostra contro il chiar. primicerio Lupi che in Valcamonica mai fu l'Ollio il confine del territorio bergamasco. Brescia 1857, pp. 34-35; R. PUTELLI, Borno e l'altipiano suo. Breno 1930, pp. 13-14; E. BONALDI, L'antica repubblica e comunità di Scalve. Milano 1965, pp. 93-98; G. GOLDANIGA, La secolare contesa del monte Negrino tra scalvini e bornesi. Artogne 1989; O. FRANZONI, L'infelice morte di Felice da Scalve, in “Commentari dell'Ateneo di Brescia per l'anno 1991”, pp. 123-136; E. BONALDI, Antica repubblica di Scalve. Clusone 1992, pp. 65, 80, 184-191, 200-201; O. FRANZONI, “Volemo manzare le vostre corade a rosto”. La furiosa lotta tra Borno e Scalve per il monte Negrino, in Segni di confine. Gli eventi. Breno 1996, pp. 61-76.

4. Don Guadagnini ebbe profonda consuetudine con Borno: in una parte presa nel seno della locale vicinia nel 1767 si riconosceva che egli “hà tutta la cognizione di questo paese, e che porta amore particolare à questa popolazione” (Archivio di Stato di Brescia, Comune di Borno, b. 18, Deliberazioni vicinia 1764-1768). Non si hanno indicazioni di dove sia eventualmente conservato l’esemplare utilizzato dal Guadagnini per trarre la copia spedita al Lupo, molto probabilmente ricavato dalla versione (oggi danneggiata) dell’Archivio Comunale di Borno.

5.Sull’atto del 1018: G. RONCHETTI, Memorie istoriche della città e chiesa di Bergamo dal principio del V secolo di nostra salute sino all’anno MCCCCXXVIII. II. Bergamo 1806, p. 118; F. ODORICI, Storie bresciane dai primi tempi sino all’età nostra. III. Brescia 1854, p. 318 e V. Brescia 1856, p. 30; G. ROSA, La Valle Camonica nella storia. Breno 1881, p. 36; R. PUTELLI, Intorno al Castello di Breno. Storia di Valle Camonica, Lago d’Iseo e Vicinanze da Federico Barbarossa a s. Carlo Borromeo. Breno 1915, pp. 4-5; I. VALETTI BONIMI, Le Comunità di valle in epoca signorile. Milano 1976, p. 35; AA. VV., Repertorio di fonti medioevali per la storia della Val Camonica. Milano 1984, p. 224.



Cüntòmela a BORNO

“DA MILLE ANNI IN CAMMINO”

13 novembre 1018
11 novembre 2018

“…ante hostium basilicae Sancti Martini…”

millenio parrocchia Borno

MANIFESTAZIONI

DOMENICA 24 GIUGNO
Apertura delle celebrazioni nella Solennità di San Giovanni Battista, Patrono di Borno
ore 20.45 - Presentazione delle celebrazioni e breve excursus storico di Oliviero Franzoni.
Segue concerto del coro Hope Singers.

20-21-22 LUGLIO
Anniversario a vent’anni dalla visita di papa Giovanni Paolo II

VENERDÌ 22 LUGLIO
ore 21.30 - Ritrovo presso la cappellina a Croce di Salven, dalla scorsa estate dedicata a san Giovanni Paolo II. Fiaccolata verso la chiesa parrocchiale con la statua del santo papa.
Al termine, momento di ristoro in oratorio.

“CHIESA PENTECOSTE DELLO SPIRITO” La santità di Giovanni Paolo II

SABATO 21 LUGLIO
ore 20.45 -Serata-incontro in sala congressi con Monsignor Slavomir Oder, postulatore delle cause di beatificazione e canonizzazione di papa Wojtyla. Introduce la serata Sua Em.za card. Giovanni Battista Re.

DOMENICA 22 LUGLIO
ore 20.45 - Concerto in chiesa dell’Orchestra da camera di Vallecamonica “A. Vivaldi” dal titolo “I giovani solisti incontrano papa Giovanni Paolo II” col patrocinio dall’Amministrazione Comunale

30 settembre – 7 ottobre
Settimana Pastorale-Mariana per l’inizio del nuovo anno pastorale

6-7 OTTOBRE
Anniversario dell’Oratorio Arcobaleno

SABATO 6 OTTOBRE
ore 20.30 - Presso la sala congressi Incontro/dibattito pubblico “Cinema Pineta: un nuovo inizio è possibile?”

DOMENICA 7 OTTOBRE
ore 14.00 - Festa dell’oratorio sul sagrato

10-11 NOVEMBRE
Celebrazioni di chiusura del Millennio Parrocchiale

SABATO 10 NOVEMBRE
ore 20.45 - Concerto di chiusura delle celebrazioni in chiesa. Il Quintetto “Orobie” presenta il "concerto-narrazione" L’anima buffa di Gaetano Donizetti

CELEBRAZIONI LITURGICHE

DOMENICA 24 GIUGNO
ore 10.00 - Santa Messa solenne per l’inizio delle celebrazioni, presieduta da Sua Em.za card. Giovanni Battista Re. Nel corso della celebrazione verranno rinnovate solennemente le promesse del Battesimo, sacramento che ci introduce nella famiglia della Chiesa.
Sono invitate, in modo particolare, le famiglie con i bambini battezzati negli ultimi cinque anni.

“CHIESA FONTE DI ACQUA VIVA”

DOMENICA 22 LUGLIO
ore 10.00 - Santa Messa solenne, presieduta da Sua Em.za card. Giovanni Battista Re, a ricordo del ventennale della visita del papa a Borno.

DOMENICA 16 SETTEMBRE
ore 10.00 - Santa Messa nel ricordo dei pastori defunti.
Sono invitati tutti i sacerdoti nativi e che hanno svolto il loro ministero nella nostra comunità. E le suore dorotee.

“CHIESA EUCARISTIA PERMANENTE”

DOMENICA 30 SETTEMBRE
ore 15.00 - Santa Messa solenne durante la quale verrà amministrato il sacramento dell’Unzione degli Infermi agli anziani e agli ammalati.
Al termine, momento conviviale in oratorio.

“CHIESA PORTA DELLA VITA”

DOMENICA 7 OTTOBRE
ore 10.00 - Santa Messa solenne di fronte all’oratorio, presieduta da don Giovanni Isonni, nel ricordo del trentennale del nostro oratorio.
Sono invitati tutti i curati che si sono succeduti a Borno.

“CHIESA FAMIGLIA DI FAMIGLIE”

DOMENICA 11 NOVEMBRE - Solennità di san Martino
ore 10.00 - Santa Messa solenne, presieduta da Sua Ecc.za Mons. Francesco Beschi, vescovo di Bergamo. Mandato a tutta la comunità parrocchiale, perché cammini con nuovo slancio, rendendo testimonianza della propria fede.
Al termine, aperitivo in oratorio.
Poi, presso la “ex Casa delle Suore”, pranzo con il vescovo, i sacerdoti e i membri del CPP e CPAE della parrocchia.

“CHIESA SPOSA DI CRISTO IN CAMMINO NEL MONDO”



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Presepio Vivente 2017