Parrocchia san Giovanni Battista - Borno

Archivio Cüntómela

cuntomela Pasqua 2007

Pasqua 2007

Editoriale
La Chiesa è davvero casa nostra
Paura di volare
Il consuntivo del Consultorio
Dire grazie ci fa esistere
Piergiorgio Welby: sentenziare sulla sofferenza altrui
Il sacerdote è colui che indica la via che conduce al cielo
La lettera del Santo Padre BENETETTO XVI
Il grazie e l'augurio del nostro Vescovo
Saluto del parroco don Giuseppe Maffi
La riconoscenza e i ricordi dei bornesi
Un CARPE DIEM  per uno fa male a nessuno...
Dialogo di un piccolo fiore con il deserto
Tutti pazzi per Francesco!
NORD, SUD, OVEST, EST!
La Festa di san Giovanni Bosco
Carnevale 2007
La gratitudine, le attese e le speranze di Padre Giacomo
Lectio Divina anche in Brasile
Lasciamoci scomodare dai poveri
Una briciola piena di notizie dalla comunità di suor Patrizia
Grazie dalla Guinea Equatoriale
Le suore della “Carità di sant'Anna” lasciano Casa Albergo
I drammi della storia e il rifiorire dell'umanità


Pasqua 2007

Editoriale

Non siamo degli appassionati del Festival di Sanremo, ma ci è molto piaciuto il segno portato sul palco dall'artista che ha vinto la rassegna canora: una sedia pieghevole.

In questo tempo in cui tutto corre sempre più velocemente e tale corsa a volte sembra voglia investire e stravolgere parole, significati e realtà umane, forse diventa segno di saggezza fermarsi un attimo, sedersi con calma ed ascoltare.

Ma in quanto pieghevole può essere un invito a non irrigidirci sulle nostre opinioni o a stare solo con chi vive e la pensa come noi; essa ci spinge anche ad alzarci e ripiegarla per riprendere con fiducia il nostro cammino verso gli altri.

Molte esperienze proposte da questo numero di Cüntòmela possono ribadire queste due azioni: i missionari che dopo essersi riposati fra noi, riprendono con più vigore la loro vita a servizio dei poveri; la famiglia che nell'ascolto e nell'amore reciproco dei suoi componenti rimane fondamento e icona della convivenza e del cammino umano; la curiosa avventura di un palloncino che vince la sua paura di volare proprio fermandosi nelle volte della nostra chiesa e scoprendo che la vita è non sentirsi mai soli; il desiderio di chi, pur essendo a servizio della Chiesa universale, ha voluto di nuovo sedersi nella sua e nostra piccola comunità per festeggiare insieme a noi i suoi cinquant'anni di vita sacerdotale.

Tra questi articoli ne manca uno esplicitamente dedicato al tempo che stiamo vivendo. Tale svista però, può suggerirci che in ogni giorno e in ogni luogo possiamo trovare uno piccolo spazio in cui sostare, aprire la sedia dell'ascolto e della preghiera per far memoria della nostra fede e riaccendere la speranza in Cristo Risorto.

Buona Pasqua a tutti.

La redazione



ripensandoci

La Chiesa è davvero casa nostra

Dal 16 al 20 ottobre 2006 si è svolto a Verona il Convegno Ecclesiale della Chiesa Italiana. Il tema, come sappiamo, era “Testimoni di Gesù risorto, speranza del mondo”, proprio per mettere al centro sia la testimonianza cristiana, più che mai necessaria oggi, sia la speranza che da essa scaturisce.

In questo nostro mondo, confuso e disorientato, la vita e l'agire della Chiesa devono parlare di speranza. Le difficoltà, come ben sappiamo, sono molte e spesso lo scoraggiamento bussa alla porta della nostra esperienza cristiana.

Tutti coloro che hanno partecipato al Convegno (2700 delegati) sono stati concordi nel sottolineare di aver incontrato una Chiesa che dà speranza e guarda al futuro con speranza, una Chiesa che desidera fortemente annunciare il Vangelo agli uomini, una Chiesa che vuol essere vicina alla gente e che vuol essere particolarmente attenta all'uomo.

Al Convegno è stato da più parti evidenziato che la Chiesa non vuol piangere sul presente, fare la vittima o essere preda del pessimismo di fronte ai tantissimi problemi dell'oggi, ma guardare al presente per progettare il suo futuro, mediante soprattutto l'ascolto della Parola di Dio e della vita concreta; un futuro in cui desidera e auspica, come esigenza primaria, che preti e laici siano pronti a condividere la corresponsabilità nella comunione.

Il card. Ruini diceva al convegno: «Possiamo solo crescere insieme o, invece, decadere insieme».

Nella prolusione il card Tettamanzi, arcivescovo di Milano e presidente del convegno, ha posto sul tavolo la corresponsabilità dei laici nella Chiesa, indicandola come urgenza.

«Il nostro convegno è chiamato qui a dire una parola, molto attesa e doverosa, sui laici e sul laicato... Inizio con una parola che è di quasi vent'anni fa: è venuta l'ora nella quale la “splendida teoria” sul laicato espressa dal Concilio Vaticano II possa diventare un'autentica realtà ecclesiale.
E l'ora è aperta, conserva tutta la sua urgenza, ma va accelerata nel senso di coglierne l'intera ricchezza di grazia e di responsabilità per la missione evangelizzatrice della Chiesa e per il servizio al bene comune della società, in una parola per la testimonianza cristiana e umana nell'attuale situazione del mondo...
Il disegno di Cristo circa la sua Chiesa domanda a tutti noi il nostro riconoscimento cordiale e gioioso del posto e del compito comuni e specifici dei fedeli laici: il riconoscimento del diritto e insieme il riconoscimento della responsabilità... Ognuno di noi può vagliarne le implicazioni di vita e di azione nella Chiesa e nella società.»

I laici, dopo il Concilio, hanno trovato spazi sempre più ampi di collaborazione, vedi ad esempio i consigli pastorali parrocchiali, zonali e diocesani, le varie proposte culturali e pastorali in cui i laici agiscono da protagonisti.

Il ruolo del laico è urgente, e questo non deve essere di semplice esecuzione della volontà dei sacerdoti, ma di collaborazione responsabile. La Chiesa è di tutti, non è formata solo da preti e vescovi, bensì da tutti i battezzati e quindi da tutti i laici che sono la maggior parte del popolo di Dio.

In tale realtà, cercando per quanto è possibile umanamente di evitare sterili conflitti e inutili contrapposizioni, è molto importante che ci sia spazio per il confronto e la condivisione di idee, problemi e prospettive per un cammino da compiere insieme, imparando giorno dopo giorno, come ci suggerisce S. Paolo, a portare i pesi gli uni degli altri.

Il monito, la proposta del Convegno di Verona è appunto di costruire insieme la Chiesa in un comune intento di ideali, in una grande passione per la testimonianza e l'annuncio. La casa-chiesa deve essere costruita da tutti e in questa casa-chiesa non si deve solo transitare, ma abitare.

Tutte le nostre case hanno diverse stanze che richiamano i diversi ambiti della vita e i diversi ruoli e compiti dei componenti famigliari. Anche nella grande casa della Chiesa devono esserci spazi e luoghi in cui ognuno possa vivere e sviluppare i propri carismi, far fruttificare i propri talenti trasformandoli in dono per gli altri.

Questa deve essere la speranza di tutti noi cristiani che avvertiamo la passione per la Chiesa. L'augurio per me e per tutti voi è che le intenzione e le sollecitazioni emerse dal Convegno ecclesiale di Verona non vengano messe in archivio sotto la voce “tanto fumo e poco arrosto”, ma si traducano davvero in evento per ognuno di noi; qualcosa che incida sulla nostra vita, sulla vita delle nostre comunità, risvegliando la bellezza della vocazione a cui tutti siamo chiamati: vivere e testimoniare Cristo risorto, speranza del mondo.

don Giuseppe



ripensandoci

Paura di volare

C'era una volta un palloncino azzurro, era nato in una fabbrica di giocattoli insieme a tantissimi altri palloncini del tutto simili a lui per forma e colore, ma lui era solo all'apparenza uguale agli altri, possedeva una particolarità che lo rendeva unico: aveva paura di volare. Era nato per quello e ne aveva il timore. Buffo il destino a volte noh?

Dopo aver superato le prove di qualità, era stato inserito in un grande sacco trasparente insieme a tanti altri palloncini multicolori che ora facevano bella mostra di sè in un espositore girevole. Un giorno capitò che quella grande busta venne acquistata e portata via da là.

Ebbene sì, era arrivato il momento tanto temuto, gli riempirono il pancino di elio e lo legarono con gli altri in un grande grappolo che ispirava gioia a vederlo. Sballonzolato qua e là provava già un po' di vertigini e quando un palloncino giallo alla sua destra esplose con fragore perché era stato riempito troppo, sobbalzò per lo spavento e vibrò di terrore. Sarebbe toccato anche a lui?

foto giornata della vita

Il cielo terso che intravvedevano sopra di loro era per i suoi fratelli un invito e una tentazione irresistibile a librarsi in quel blu, ma lui no, chiuse gli occhietti e scacciò la paura. Quando li riaprì per fortuna il cielo non si vedeva più, si trovava in un luogo dove regnavano pace e silenzio, si sentiva bene lì, tranquillo e sereno come non gli era capitato mai.

Quando le luci si accesero si rese conto di essere in un luogo molto particolare; era una chiesa e lui e gli altri palloncini si trovavano proprio vicino all'altare, al centro dell'attenzione delle persone che andavano via via riempiendo i banchi. Un palloncino verde gli confidò che alla fine della celebrazione sarebbero stati lanciati in cielo con dei messaggi sulla vita; ne era certo perché l'aveva sentito dire dal ragazzo che l'aveva gonfiato.

Ancora il timore l'assalì e, nonostante tutti lì vicino sembrassero felici, lui si sentiva morire. Sentì l'organo suonare note solenni e capì che era arrivato il momento. Già il suo spago veniva strattonato per separarlo dagli altri, ma avvenne che il filo fuggì di mano al Don, lui si sentì improvvisamente libero, salì verso l'alto mentre vocine allegre lo indicavano ridendo...

Si fermò sotto la volta della chiesa e si trovò fra le braccia di S. Giovanni Battista attorniato da serici angioletti. Stava proprio bene lì, non poteva chiedere di meglio dalla vita. Anche quando venne la notte lui sapeva che non era solo perché un lumicino rosso che ardeva nel buio segnalava una importantissima Presenza in quel luogo santo.

Per giorni e giorni strappò i sorrisi di quanti lo scorgevano lassù e quando successe che, ormai sgonfio, si depositò al suolo, le mani che lo raccolsero non ebbero cuore di gettarlo via e lo chiusero in un cassetto in sagrestia. Se vi capitasse di aprire quel cassetto, di sicuro non potreste trattenere un sorriso scoprendo un Palloncino azzurro in un luogo tanto austero. Ma quello non è un palloncino come gli altri, è il palloncino che aveva paura di volare...

Vi sembrerà un paragone buffo o addirittura assurdo ma quante persone, purtroppo, hanno paura di vivere, di volare, di sognare? Il più delle volte è perché si sentono sole e non amate, mentre se riuscissero a sentire che non sono sole a vivere, che quel lumicino che arde nelle chiese è sempre acceso anche accanto a loro ed è il segno di un amore talmente grande, bello e gratuito, nessuna vita verrebbe mai più sprecata, calpestata, violata o recisa, perché chi si sente amato ha un motivo bellissimo per vivere: ricambiare questo amore.

È l'amore che permea la vita del cristiano, è l'amore che si respira in modo ancora più acuto durante la S. Messa che chiude la Settimana che celebra la Vita. Le vocine di graziosissimi bimbi fanno da contrappunto alla voce solenne del nostro Don, peraltro felicissimo di essere attorniato da tanti “chierichetti”. Alcuni abbozzano qualche timido passettino tentando la fuga, ma vengono subito catturati da solerti genitori. Altri “cantano” insieme al Don e altri ancora alzano le manine paffute verso i coloratissimi palloncini che adornano l'altare.

Cosa c'è di più bello e di più efficace del sorriso di questi bimbi per descrivere la meraviglia della vita? Da due persone che si sono volute un po' più bene del solito è nata una piccola deliziosa creatura... un vero, grandissimo miracolo d'amore!

Dely



ripensandoci

Il consuntivo del Consultorio

Si è tenuta di recente a Breno l'assemblea annuale ordinaria del Consultorio familiare “Giuseppe Tovini” che da una decina di anni opera al servizio della coppia e della famiglia ma anche dei singoli che si trovino nel bisogno.

Nato per volontà delle zone pastorali della Valle in collaborazione con l'Istituto Pro Familia nei cui ambienti ha fissato la propria sede, fin dall'inizio ha puntato sulla convinzione che l'educazione, la formazione e la prevenzione hanno la precedenza perfino sulla cura e la terapia, pur essendo queste ultime importanti e necessarie. L'idea è quella di un servizio offerto anzitutto a chi vuole mettere buone radici per crescere, senza dimenticare che è necessario offrire aiuto, sostegno e consiglio quando si affacciano le difficoltà e i problemi.

Nel corso dell'assemblea è stato approvato il bilancio consuntivo del 2006 e quello preventivo del 2007: è stata anche l'occasione per prendere conoscenza delle cose fatte e di quelle programmate per l'anno in corso.

I dati forniti ai soci dal presidente del Consultorio, Faustino Testini, sono molto eloquenti: dal settembre del 1997 al 31 dicembre 2006 le consulenze erogate sono state circa 7500 ed hanno interessato più di 2200 persone. Nel 2006 le coppie che si sono rivolte per la prima volta al Consultano sono state 36, alle quali vanno aggiunti altri 120 singoli per un totale di 192 persone.

Al Consultorio si rivolgono per consulenza o terapia soprattutto le persone che hanno un'età compresa tra i 20 e i 44 anni, anche se sono numerosi quelli che rientrano nella fascia compresa tra i 45 e i 64 anni o che si trovano in età adolescenziale.

Per quanto riguarda il titolo di studio posseduto, la prevalenza è di coloro che hanno la licenza media, anche se elevato è il numero dei diplomati e anche dei laureati.

A fianco della normale attività di consulenza e sostegno, in questi anni il Consultorio familiare “Tovini” ha attivato numerose iniziative che vanno dai corsi a favore delle famiglie a guida monoparentale alle iniziative formative e di prevenzione rivolte agli adolescenti, dai progetti destinati alle scuole (Istituto Ghislandi di Breno e Olivelli di Darlo) fino alla formazione degli studenti rappresentanti dì classe, per non fare che qualche esempio.

Una serie di iniziative che hanno potuto prendere piede grazie anche al lavoro di stimolo di Lucia Pelamatti che da circa un anno svolge il compito di direttore del Consultorio “Tovini”. Tutto queste attività sono state intraprese grazie anche ai soci e a chi ha contribuito a vario titolo con generosità. Non è mancato, anzitutto, l'apporto di numerose parrocchie, anche se altrettanto numerose sono quelle che ancora non hanno sentito il bisogno di sostenere questa attività così importante per il presente e il futuro della famiglia in Vallecamonica, dove pure crescono le situazioni di confòitto e di divisione lacerante che sempre più frequentemente è dato di constatare anche tra le coppie e le famiglie appena formate.

Gian Mario Martinazzoli



ripensandoci

Dire grazie ci fa esistere

Veglia di preghiera in occasione del 50° del Card. Re

Il vangelo che accompagna l’adorazione eucaristica di questa sera, ci ha presentato Gesù riconosciuto allo spezzare il pane dai due discepoli di Emmaus. Questa espressione: “spezzare il pane”, riporta ciascuno di noi all’esperienza dell’Eucaristia.

La parola “eucaristia” significa rendimento di grazie, e quello sacramentale è il rendimento di grazie più alto, più grande, quello innalzato da Gesù nel dono totale di Sé, il dono che rimane per sempre, salvandoci dal peccato e dalla morte, permettendoci di vivere comunione con Dio e tra di noi. Allora dire grazie ci fa esistere.

Ogni volta che celebriamo l’Eucaristia, permettiamo a Gesù di essere presente nella sua Parola e nel Pane. Ogni volta che celebriamo l’Eucaristia, la nostra fede personale e comunitaria si arricchisce, la nostra speranza diventa più forte, il nostro amore attinge alla comunione.

Per questo è importante continuare a prepariamoci alla Santa Messa, arrivando a questo appuntamento dopo averlo atteso, dopo aver meditato non solo la Liturgia della Parola, ma anche le preghiere eucaristiche che esprimono il grazie più profondo...

Ogni volta che sappiamo ringraziare Gesù per la sua presenza eucaristica attraverso l’adorazione, contempliamo non solo il suo Corpo donato per noi, ma anche il nostro essere parte del suo Corpo, la Chiesa. Accettando di essere membra vive di questo Corpo, accettiamo per la nostra vocazione personale il segno più bello, quello di sapere che siamo corresponsabili gli uni degli altri, chiamati ad accogliere un disegno che abbraccia la nostra vita, ma che cresce nella misura in cui si dona e si prende cura di altre vocazioni.

I giovani hanno bisogno che noi, adulti nella fede, ci accostiamo a loro come ha fatto il Risorto. Anche noi in modi diversi a seconda della nostra vocazione e del nostro ruolo educativo, possiamo accostarci alle persone, per stare con loro, in particolare nei confronti delle nuove generazioni, con tutta la delicatezza necessaria.

Accompagniamo le persone entrando a volte nella loro vita, ma non per invadere il campo, per sostituirci alle loro scelte: per farci piuttosto compagni di viaggio, per prenderci cura di loro.

Nel vangelo ascoltato, Gesù prende l’iniziativa, si accosta alle persone, ma non vuole imporsi, suscita invece il desiderio. Mette i due discepoli nella possibilità di essere loro a guidarlo nelle ferite della personale esperienza, nelle delusioni provate per la morte del Messia.

Gesù pone domande che consentono all’altro di raccontarsi e permettono a Lui, semplice compagno di viaggio, di prendersene cura. Gesù permette a chi incontra di esprimere le proprie attese, i propri desideri... ogni domanda, ogni desiderio è sempre una disponibilità vocazionale.

Allora dire grazie, vuol dire continuare a prenderci cura delle persone, continuare a prendere l’iniziativa di accostare l’altro, per metterci come Gesù sulla strada, facendoci compagni di strada.

Allora dire grazie ci fa esistere.

Come Chiesa, come persone capaci di riconoscere che possiamo diventare un dono gli uni per gli altri, che possiamo far diventare i nostri ambienti, i nostri oratori, le nostre comunità, i nostri gruppi di servizio, di formazione o associativi luoghi in cui sperimentare la gratitudine, la festa, la felicità dell’incontro e delle relazioni, come ci ha ricordato il IV Convegno ecclesiale nazionale di Verona.

Grazie a ciascuno di voi, per la vocazione che vivete: nel sacerdozio, nel diaconato, nel matrimonio, nelle variegate forme di consacrazione, nei diversi ministeri e servizi che svolgete nelle vostre comunità. Grazie perché ciascuno di voi si prende cura della vocazione propria e di quella di chi incontra.

Grazie perché questa sera c’è qui il cuore di questa parrocchia che presenta a Dio la sua voglia di vita, la sua disponibilità ad accogliere e annunciare il vangelo della vocazione.

Grazie stasera vogliamo dirlo ai sacerdoti che ogni giorno cercano di farsi ponte per portare le persone, con tutti i loro desideri all’incontro con Cristo, imparando da Cristo stesso che pur essendo Dio, ha scelto di “impoverirsi” e di diventare simile agli uomini, per fare della sua umanità il “Sacramento” dell’incontro con Dio Padre.

L’anniversario giubilare del Cardinal Re ci offre un forte richiamo per riflettere sulla figura del sacerdote, che è chiamato a promuovere una spiritualità della comunione, per fare della Chiesa una casa di comunione (cfr. Giovanni Paolo II, Novo millennio ineunte, n. 49)

Per vivere questo, occorre uno sguardo di comunione, lo sguardo del cuore portato sul mistero della Trinità che abita in noi, e la cui luce va colta anche sul volto dei fratelli che ci stanno accanto.

L’altro è uno che mi appartiene: per questo sono chiamato a condividerne le gioie e le sofferenze, ad intuirne i desideri e ad aver cura dei suoi bisogni, per offrirgli una vera e profonda amicizia.

Spiritualità di comunione è pure capacità di vedere innanzitutto ciò che di positivo c’è nell’altro, per accoglierlo, valorizzarlo come dono di Dio, ricco di doni: “doni per me” oltre che per il fratello che li ha ricevuti. Spiritualità di comunione è infine, saper far spazio al fratello, portando i pesi gli uni degli altri…

Così anche a noi che viviamo la vocazione sacerdotale e diaconale, è chiesto di essere testimoni di speranza:

- nella perenne e gioiosa gratitudine a Dio per il dono della nostra chiamata al diaconato e al sacerdozio;

- nella fedeltà trasparente alla nostra vocazione e missione, secondo le promesse fatte a Dio e alla Chiesa al momento dell’ordinazione;

- nell’impegno sereno nella vita quotidiana di maestri della Parola, e per quanto possiamo a seconda della nostra vocazione… ministri dei sacramenti e guida spirituale della comunità;

- nello stare con e tra la gente, porzione del popolo di Dio affidatoci dalla Chiesa, vivendo e seminando nel cuore della gente la carità pastorale del Cristo Buon Pastore;

- nel mettere in atto, nella pastorale ordinaria, il ministero di discernimento vocazionale;

- nell’accompagnare con amore puntuali cammini di fede per la ricerca della volontà di Dio, nonché il servizio di guida spirituale in particolare per i giovani.

Al Signore che continua a mettersi sulle nostre strade e a chiamare, dicevo all’inizio, va il primo grazie, ma poi grazie anche a ciascuno di noi.

Dire grazie ci unisce, come la farina in un unico pane.

Dire grazie di nutre, come il pane per la nostra vita.

Dire grazie ci prepara all’eternità, dove la vita e l’amore resteranno per sempre.

Dire grazie mette le ali ai piedi, come per i due di Emmaus, che ritornano a Gerusalemme rifacendo la stessa strada, ma trasformati dentro.

Dire grazie permette di rimanere presso Dio e presso gli uomini, come ha fatto Gesù nell’Eucaristia.

Dire grazie non nasconde le colpe, i limiti, non cancella le ferite. Ma trasforma queste realtà: da occasione di perdizione e di morte, ad opportunità di salvezza e di vita senza fine.

Il IV Convegno Ecclesiale Nazionale di Verona ci ha ricordato che “Dio in via normale, ci raggiunge e interpella attraverso i suoi messaggeri. Sono coloro nella cui vita è facile vedere la presenza di Dio come spiegazione più vera e profonda di tutto ciò che dicono e fanno. Questi messaggeri di Dio possono essere i genitori, i sacerdoti, tante altre figure di cristiani autentici che, essendo testimoni del Signore, aiutano coloro che incontrano a diventare a loro volta discepoli del Signore. Se la Grazia di Dio va riconosciuta come la prima risorsa per le vocazioni di oggi e di domani, questi testimoni sono Grazia di Dio in veste umana” . Una Chiesa “Comunità di testimoni” è, quindi, l’habitat necessario per la fecondità vocazionale.

Don Alessandro Tuccinardi



ripensandoci

Piergiorgio Welby: sentenziare sulla sofferenza altrui

In molti abbiamo seguito attraverso giornali, tv e internet la vicenda di Piergiorgio Welby: una persona affetta da una grave malattia (distrofia muscolare progressiva), che negli ultimi nove anni ha vissuto solo grazie ad una tracheotomia e il conseguente allacciamento ad un respiratore automatico.

Il suo calvario, che si è concluso la vigilia di Natale con l'intervento di un medico che, accogliendo la lucida volontà del malato, ha staccato la spina del respiratore causandone intenzionalmente la morte, ha dato risalto a tutta quella serie di problemi etici (individuare ciò che è bene e ciò che è male) derivanti dal fatto che oggi, mediante la scienza e la tecnologia, è possibile prolungare la vita di una persona malata che in passato si sarebbe rapidamente conclusa con la morte.

La volontà di Welby di porre termine ad una esistenza che sentiva ormai insopportabile, unita alla discutibile battaglia di un partito (la cui azione politica sembra essere solo quella di voler legalizzare tutto ciò che moralmente non è legalizzabile, in nome di un'esasperato concetto di libertà e di diritti individuali), hanno dato vita ad una specie di macabro reality show, quello che il comico Beppe Grillo sul suo sito ha definito “pornografia della morte”.

Si è giocato innanzitutto con alcune espressioni, generando contraddizioni, incongruenze e confusione in tutti coloro che hanno seguito la triste vicenda. Come ho letto su un articolo della rivista “Rocca”, all'inizio è stata invocata l'eutanasia (richiesta dallo stesso Welby nella sua lettera al Presidente della Repubblica). Successivamente si è parlato di accanimento terapeutico, per poi, in un terzo momento, affermare che la richiesta di Welby era solo un semplice e legittimo rifiuto del paziente di sottoporsi alle cure, facendo intendere comunque che questi tre aspetti, oltre ad intrecciarsi, potevano in qualche modo equivalersi.

Riconoscendo che nella vita concreta è sempre difficile applicare principi astratti, era ed è corretto ribadire che fra eutanasia e accanimento terapeutico c'è una netta e chiara distinzione. Sperando di non dire troppe inesattezze in un campo molto delicato, mi sembra di aver capito che per eutanasia si intenda qualsiasi atto volto a procurare la morte ad un malato nel modo più indolore possibile, oppure qualsiasi intervento non effettuato o cura interrotta con lo scopo preciso di lasciar morire il malato stesso.

>Quando, invece, ci si astiene dal compiere un trattamento medico con la retta intenzione di non procurare ulteriori e inutili sofferenze, o si somministrano sostanze per lenire il dolore (anche se si è coscienti che, come effetto secondario, queste possono abbreviare la vita) tali comportamenti non sono più considerati forme di eutanasia passiva, come venivano definiti in passato, bensì, come afferma il Compendio del Catechismo della Chiesa Cattolica (n. 471), «rinuncia all'accanimento terapeutico, cioè all'utilizzo di procedure mediche sproporzionate e senza ragionevole speranza di esito positivo». Evitando l'accanimento terapeutico «non si vuole... procurare la morte: si accetta di non poterla impedire» (Catechismo della Chiesa Cattolica, n.2.278), riconoscendo così i limiti propri della mortale condizione umana.

Nel periodo in cui si è consumata la tragedia di Piergiorgio Welby molti giornalisti, opinionisti ed esponenti politici hanno voluto dire il loro parere - non so se con sincerità o con maggior preoccupazione di partecipare al gioco delle parti - su eutanasia, diritto di rifiutare le cure e responsabilità deontologica del medico nella relazione con il paziente che avanza tali richieste.

Fra tanti ragionamenti, però, non ricordo che qualcuno abbia insistito su una riflessione sorta in me da una battuta scambiata con Padre Giacomo, il quale ha affermato con semplicità che dove vive ed opera lui (Filippine) simili problematiche non si pongono, in quanto la maggior parte della gente non ha i soldi nemmeno per pagarsi le medicine più elementari.

Forse la battaglia politica sulla legalizzazione dell'eutanasia... per metterci al passo con i paesi più civili, potrebbe nascondere anche (o soprattutto) un risvolto economico-edonistico. Infatti nella civile Olanda, dove già da alcuni anni l'eutanasia è legale, si inizia ad ipotizzare una sua possibile applicazione non solo a malati terminali che chiedono di porre fine alla loro esistenza, ma anche a bambini e neonati gravemente handicappati, a malati psichici, a tutte quelle persone che, secondo il linguaggio corrente, prospettano una qualità di vita non degna di essere vissuta.

Verrebbe voglia di pensare che nel nostro sistema sociale - divenuto ormai un grande e tragicomico gioco del monopoli in cui conta solo una certa immagine di efficienza psico-fisica volta ad accumulare soldi, comprare e consumare, per poi ancora guadagnarne di nuovi, magari fregando il prossimo - alcune esistenze siano sempre più considerate solo una zavorra che grava sui bilanci della sanità, un prodotto che non rispetta lo standard ISO del mercato della vita.

Almeno a livello intellettuale e culturale bisogna riconoscere che la posizione del magistero della Chiesa Cattolica è stato ed è estremamente corretto e coerente con ciò che è chiamata ad annunciare ed a testimoniare: un no chiaro e assoluto a qualsiasi forma di eutanasia, come del resto all'aborto, quale condizione minima per rispettare il comandamento di non uccidere; un no (forse non altrettanto chiaro e pubblicizzato) all'accanimento terapeutico come inutile e distruttivo prolungamento artificiale della sofferenza quando la malattia risulta ormai irreversibile.

Tuttavia sulla vicenda di Piergiorgio Welby, a mio parere, anche alcuni esponenti e massmedia cattolici non sono sfuggiti a facili strumentalizzazioni e crociate di principi (pur giusti) sulla pelle e sulla sofferenza di un'altra persona.

Lasciando il giudizio al Signore e alla coscienza di chi ha ritenuto opportuno negare i funerali religiosi allo stesso Welby, personalmente ho apprezzato molto chi - oltre a sollecitare le autorità sanitarie affinché incentivino il ricorso alle terapie palliative sia per lenire il dolore fisico, sia per prendersi cura, anche e soprattutto a livello umano, dei malati in fase terminale - ha invitato la stessa Chiesa a porre maggior attenzione pastorale (e non solo di principio aggiungo io) a simili situazioni destinate a divenir frequenti (come, purtroppo, stiamo verificando in questi mesi successivi alla morte di Welby), ponendo la valutazione ultima delle nostre azioni ed esistenze ... sotto il mistero della misericordia di Dio.

Durante questa vicenda pubblica mi è tornato in mente la straordinaria avventura umana di Rosanna Benzi. Certamente alcuni amici e amiche di Borno si ricorderanno di quel giorno in cui, insieme a don Giovanni su un pulmino, siamo andati all'ospedale di Genova per incontrare questa donna che ha vissuto per più di 25 anni rinchiusa in un polmone d'acciaio, dal quale sbucava fuori solo il suo viso paffuto e pieno di vita.

Non intendo tanto mettere a confronto le due storie personali, anche se viene spontaneo riconoscere che mentre Piergiorgio Welby è stato circondato da persone che in qualche modo erano e sono favorevoli ad una certa cultura di morte; Rosanna Benzi aveva creato attorno a sé un gioioso “Girotondo in una stanza” (titolo del suo secondo libro), che sapeva infondere speranza, fiducia, intelligenza e impegno per promuovere la vita dei disabili e di chi si sente o è fatto sentire negativamente diverso.

Voglio solamente ricordare approssimativamente un piccolo episodio raccontato nel suo primo libro autobiografico “Il vizio di vivere”, che purtroppo ho dato in prestito diversi anni fa e non è più ritornato nella mia libreria.

Nell'ospedale dove viveva c'era un frate che discuteva con lei, spesso animatamente. L'argomento su cui il religioso insisteva con maggior ardore era che doveva ringraziare Dio soprattutto per la sua malattia, specialmente durante le crisi più acute, ripetendo più volte la litania di una certa “teologia della sofferenza”. Lei, con la sua peculiare e positiva testardaggine, gli replicava ogni volta che preferiva ringraziare il Signore per le cose belle e non per quelle brutte.

Una mattina vide arrivare il povero frate con un'espressione abbastanza abbacchiata e le fu spontaneo chiedergli se c'era qualcosa che non andava. «Non ho mai dormito questa notte», le rispose «ed ho un gran mal di testa!». «Allora oggi per lei dev'essere un giorno di festa?», gli disse Rosanna Benzi «Finalmente ha qualcosa per cui ringraziare il Signore!». Il religioso la guardò di traverso, le ingiunse di stare zitta perché non capiva niente, ma si allontanò con le orecchie basse.

Anch'io con queste righe mi son posto in compagnia dei tanti che hanno sentenziato, comodi in poltrona, sulla pelle di una persona che comunque ha sofferto molto e che mi auguro ora sia in quella pienezza di vita a cui tutti siamo chiamati.

Franco



50° di ordinazione sacerdotale del Card. Giovanni Battista Re

Il sacerdote è colui che indica la via che conduce al cielo

Testo dell'omelia tenuta dal Card. Giovanni Battista Re
nella chiesa di Borno il 18 febbraio scorso

Anche per un Cardinale il giorno della propria ordinazione sacerdotale rimane il più caro, il più bello e il più importante della vita.

E sono lieto, a 50 anni di distanza, di ricordarlo qui a Borno, dove ho celebrato la mia Prima Messa proprio nell'ambito del Triduo, che nel 1957 cadeva 15 giorni più tardi rispetto a quest'anno. In questa chiesa, parata come oggi con la “machina” del Triduo, ho cantato la mia prima Messa iniziando con le parole: “Introibo ad altare Dei, ad Deum qui laetificat iuventutem meam”.

Il sentimento dominante nell'animo è quello della riconoscenza. Una gratitudine grande innanzitutto verso Dio per il sacerdozio.

San Giuseppe Cafasso diceva: “Non basterà l'eternità per ringraziare Dio del dono del sacerdozio, tanto esso è incomparabilmente grande”.

Sì, il sacerdozio è dono e mistero. Dono gratuito di Dio e mistero di amore e di predilezione da parte di Dio che chiama a continuare l'opera di Cristo nel mondo di oggi. Le vie del Signore sono sempre misteriose, ma sempre ispirate dall'amore.


1. La mia vocazione è nata qui a Borno.

Avevo circa 6 anni quando mia mamma mi leggeva “Don Bosco che ride”, una biografia piena di aneddoti e di fatterelli riguardanti Don Bosco: ogni pomeriggio mi leggeva un paio di pagine.

Nella mia fantasia di ragazzo, Don Bosco era per me identificato con il curato di Borno di allora, Don Andrea Pinotti, un curato che noi ragazzini giudicavamo vecchio per gli anni che portava sulle spalle, ma che con noi ragazzi era molto buono e cordiale. Così mi venne la prima idea di farmi prete, per essere prete come il Curato di Borno. Ma poi quest'idea fu subito dimenticata e per 4 anni non ci pensai più.

Avevo già incominciato la V° elementare e in me ritornò il desiderio di farmi prete.

Quando lo dissi al Parroco e al Curato, il Parroco Don Domenico Moreschi mi chiese di sostenere a giugno gli esami di ammissione, allo scopo di “non perdere un anno”. La maestra Richini mi preparò in fretta agli esami di ammissione e così nell'ottobre 1945, pochi mesi dopo la fine della guerra, entrai in Seminario.

Nel Seminario di Brescia vi erano già tre ragazzi di Borno che mi avevano preceduto di un anno: diventeranno Don Franco Rivadossi, Don Vanni Gheza e Padre Battista Sonzogni. Qualche anno dopo si aggiunse anche Don Pietro Ferrari.

Durante le vacanze qui a Borno eravamo 5 seminaristi: se tutti e cinque siamo arrivati al sacerdozio, lo dobbiamo al compianto Don Ernesto che ci ha accompagnati all'altare e che per noi è stato padre, maestro, amico. Don Ernesto ci ha voluto bene, ci ha aiutati a maturare, ci ha guidati e ci ha anche protetti.

Dei cinque, 3 sono già passati all'altra sponda della vita: il primo a morire è stato Don Vanni, mentre era Parroco di San Zeno al Naviglio, poi Padre Battista, missionario comboniano, e poi recentemente Don Pietro Ferrari mentre era Parroco a Berzo.

Altri entrarono dopo in Seminario, ma con un po' di anni di distanza, Padre Giacomo Rigali e due Cappuccini.


2. La mia classe in Seminario era molto numerosa: la classe più numerosa che la diocesi di Brescia ha avuto. Siamo arrivati al sacerdozio in 36 e il Vescovo di Brescia, Mons. Giacinto Tredici, decise di mandarci in tre a Roma per laurearci e poi insegnare in Seminario.

Proprio quando terminai gli studi a Roma, il Presidente dell'Accademia Ecclesiastica chiese qualche nome all'Università Gregoriana per il servizio diplomatico della Santa Sede e l'Università segnalò anche il mio nome.

E così, una serie di circostanze mi portarono ad allargare l'orizzonte della mia vita ed a lavorare per la Chiesa Universale.

Mi hanno portato anche a lavorare vicino ad un uomo grande e santo come Papa Giovanni Paolo II. Ed ora la collaborazione continua con Papa Benedetto XVI.

I motivi di ringraziamento, da mettere nel ringraziamento della Messa, sono davvero tanti.


3. Ma io sono grato anche a Borno. Innanzitutto per il clima di fede che qui ho respirato negli anni verdi della mia esistenza.

Dalla gente religiosa di Borno, dalla gente attaccata a questa sua chiesa, alle giornate del “Triduo”, alle tradizioni religiose, ho appreso la visione religiosa della vita, il senso di Dio, l'amore a Cristo e la devozione alla Madonna.

Dalla gente laboriosa ed onesta di Borno, attaccata alla famiglia ed ai valori umani e cristiani, ho imparato che cosa sia il vivere in questo mondo: ho imparato ad affrontare la vita con serietà.

4. In questa circostanza solenne mi sembra importante dire una parola sul sacerdozio, visto con gli occhi della fede.

Anche oggi il sacerdote è cercato e voluto. La figura del sacerdote gode vasta popolarità e stima.

Il sacerdote è apprezzato perché uomo per gli altri, che dedica la sua vita al bene degli altri, che porta consolazione agli afflitti, che si occupa dei più deboli e poveri, che porta conforto dove c'è dolore, amore dove vi è odio, unione dove c'è divisione, serenità dove c'è tempesta, pace dove c'è lotta e contrapposizione.

Altri lo vedono soltanto come un amico, come un compagno di esperienza umana, che percorre insieme un tratto di strada della nostra vita.

Sì, il sacerdote è anche questo, ma non è questa la dimensione principale del sacerdote.

Il sacerdote è, innanzi tutto, uomo di Dio. Scelto tra gli uomini, il sacerdote - come dice la Lettera agli Ebrei - “è costituito per il bene degli uomini nelle cose che riguardano Dio” (5,1).

Il sacerdote è colui che parla di Dio agli uomini e colui che, nella preghiera, parla a Dio degli uomini, come diceva S. Gregorio Magno.

La Chiesa affida al sacerdote la preghiera. Prega anche per quelli che non pregano.

Il sacerdote va dagli uomini a Dio. La vita di un prete, infatti, è tutta orientata all'altare. Nell'esistenza di un sacerdote c'è una cosa grande: la Messa. La forza, la grandezza, la fecondità, la gioia e la pace di un sacerdote... sta nella Messa.

Nel linguaggio popolare “dire Messa” è sinonimo di essere sacerdote, perché la Messa è il centro, il cuore della vita di un sacerdote.

E poi il sacerdote va da Dio agli uomini. Parla agli uomini di Dio, dei valori del Vangelo... Aiuta a trovare nel Vangelo ragioni di vita e di speranza.

Il sacerdote è colui che indica la via che conduce al cielo.


Nel calice e sulla patena in questa Messa metto, insieme con il corpo e il sangue di Cristo, anche ciascuno di voi: le vostre persone, le vostre famiglie, il vostro lavoro, le vostre intenzioni...

E, nella cornice di fede e di festa del “Triduo”, metto nel calice anche l'augurio che i Bornesi restino sempre ancorati alla fede ed a quei valori di cui è intessuta la loro storia e senza dei quali il loro futuro non sarà migliore.

Card. G.B. Re



50° di ordinazione sacerdotale del Card. Giovanni Battista Re

La lettera del Santo Padre BENETETTO XVI

Al Venerato Fratello Nostro Giovanni Battista Re
Cardinale di Santa Romana Chiesa
Prefetto della Congregazione per i Vescovi


Ben volentieri, attraverso questa Lettera, Ci congratuliamo con te, Venerato Fratello Nostro, per quel memorabile e lieto giorno, il 3 di marzo, nel quale cinquant'anni or sono hai ricevuto l'ordinazione presbiterale. Tu, che ardente di zelo per il bene della Chiesa universale, sei fra i Nostri più stretti collaboratori.

foto del Card Re con il Papa Benedetto XVI

Nato da un'antica famiglia cattolica di Borno, hai ricevuto dai tuoi cari il tesoro della fede, che hai accresciuto come preziosa eredità quando, ancora adolescente, appena conclusa la guerra mondiale, sei entrato nel Seminario minore di Brescia. Ordinato presbitero della medesima comunità ecclesiale, sei stato inviato a Roma per completare gli studi. Alunno del Pontificio Seminario Lombardo, hai conseguito la laurea in Diritto Canonico presso la Pontificia Università Gregoriana e nel 1960 nominato professore nel Seminario di Brescia, dove hai svolto, in pari tempo il ministero pastorale nella parrocchia di san Benedetto.

Chiamato al servizio della Santa Sede nel 1961, hai frequentato la Pontificia Accademia Ecclesiastica di Roma e, trascorsi due anni, sei stato destinato alla Nunziatura Apostolica a Panama come addetto. Quattro anni dopo sei stato inviato nella Pontificia Legazione in Iran. Nel gennaio del 1971 Sua Eccellenza Mons. Giovanni Benelli, allora Sostituto della Segreteria di Stato, ti volle suo Segretario.

In seguito, nel dicembre 1979, Giovanni Paolo II, Nostro Predecessore di felice memoria, ti nominò Assessore della Segreteria di Stato e il 9 ottobre 1987 Segretario della Congregazione per i Vescovi e Arcivescovo titolare di Vescovio. Il 7 novembre del medesimo anno ti consacrò vescovo nella Basilica di San Pietro. Nello stesso tempo hai svolto l'ufficio di Segretario del Collegio Cardinalizio. Dopo due anni sei stato nominato Sostituto della Segreteria di Stato. Per aver assunto diverse e sempre più importanti responsabilità e acquistato perizia negli impegni da svolgere e una notevole conoscenza delle necessità della Chiesa e del mondo, sei stato, per usare le parole stesse di Giovanni Paolo II, un suo “stretto, carissimo e fedelissimo collaboratore”, e lo hai anche accompagnato in molti viaggi apostolici.

Meritatamente, dunque, sul finire dell'anno del Grande Giubileo, egli ti ha dato maggiore fiducia e più importanti incarichi, nominandoti Prefetto della Congregazione per i Vescovi e Presidente della Pontificia Commissione per l'America Latina, e annoverandoti, i12l febbraio 2001, al Collegio Cardinalizio.

In tutto questo tempo, rivestito di potenza dall'alto (cf. Lv 24,49) nel sacro Ordine, hai esercitato con molta diligenza e zelo il tuo ministero sacerdotale ed episcopale, impegnando tutte le tue doti apostoliche per il bene della Chiesa universale.

DataCi dunque questa desideratissima opportunità, Ci congratuliamo vivamente con te per il tuo sacerdozio, ancora molteplice e fruttuoso, e Noi stessi ben volentieri Ci associamo ai tuoi familiari, agli amici ed ai fedeli che in questi lietissimi giorni ti saranno vicini e ti dimostreranno la loro gioia e il loro affetto. Per intercessione della santissima Madre di Dio, la Beata Vergine Maria, e di san Giovanni Battista, eleviamo altresì le Nostre preghiere al Signore affinché questo anniversario della tua ordinazione ti ottenga la ricompensa per la tua opera sacerdotale.

Te ne sia auspicio e pegno la Nostra Benedizione Apostolica, conciliatrice di molti altri celesti doni, che con grande affetto impartiamo a te, Venerato Fratello Nostro, e a quanti parteciperanno a questa tua gioia.


Dal Vaticano, 8 febbraio 2007, anno secondo del Nostro Pontificato.

BENEDETTO XVI



50° di ordinazione sacerdotale del Card. Giovanni Battista Re

Il grazie e l'augurio del nostro Vescovo

“Un ministero sacerdotale ed episcopale speso con grande diligenza e premura ed ogni sagacia apostolica per la prosperità della Chiesa universale”. Questa l'ammissione di Papa Benedetto XVI in occasione dei cinquant'anni di vita presbiterale del nostro Cardinale Giovanni Battista Re.

La diocesi di Brescia si unisce al Cardinale nell'esprimere gratitudine al Signore ed assicura fraterna comunione con lui, figlio di questa Chiesa.

Unitamente alla parrocchia di Borno la diocesi ritorna al tempo della sua vocazione, agli anni trascorsi nel seminario di Brescia per la formazione e al primissimo periodo del suo ministero fino al 1967, anno in cui ha iniziato la preparazione del servizio alla Chiesa universale che continua tuttora.

Un prete che ha annunciato per cinquant'anni la fede della Chiesa e l'ha trasmessa al mondo intero mediante il servizio alla Chiesa universale nei vari uffici che gli sono stati affidati.

Questa è la testimonianza che ci offre il Cardinale Re. La nostra diocesi è arricchita dalla sua presenza ogni volta che ci raggiunge in qualche occasione: ci trasmette la la sua comunione alla Chiesa universale, la sua vicinanza al Papa, e diventa per noi una chiamata a respirare la Chiesa nella sua mondialità e condividere con la preghiera, l'ascolto, l'ubbidienza il ministero del Papa.

Come il nostro Cardinale si misura con le ricchezze e le povertà di tutta la Chiesa, le nostre comunità parrocchiali e religiose si aprano all'accoglienza dei doni che ci raggiungono e provengono dal mondo intero.

Il nostro quindi è un grazie fraterno e filiale al Cardinale e ancora un augurio che nel cammino di fedeltà alla Chiesa continui ad essere così esemplare.

+ Giulio Sanguineti
Vescovo di Brescia



50° di ordinazione sacerdotale del Card. Giovanni Battista Re

Saluto del parroco don Giuseppe Maffi

Eminenza grazie per aver desiderato e voluto celebrare il suo cinquantesimo di ordinazione sacerdotale e il suo ventesimo di episcopato nel suo paese Natale.

È per tutti noi, suoi concittadini, un grande onore ed una grande gioia. Mi piace in questo momento sottolineare quello che don Ernesto, parroco a Borno cinquant'anni fa, scriveva sulla “Voce di Borno” in occasione della sua prima Santa Messa:

« Lasciatemi dire che mi ha colpito quel suo volto sereno, ma che soprattutto mi ha commosso quel suo atteggiamento profondamente umile. L'umiltà è una virtù che, quando è vera, conquista Dio e gli uomini. Pochi ne ho conosciuti volitivi e tenaci al pari di Lui. Borno non può che ammirarlo e andarne fiero. Ma, [continua don Ernesto] una parolina in un orecchio, la voglio dire anche a lui, il signorino... Voglio dirgli che tutto questo non lo autorizza a dimenticare il suo paese, i suoi famigliari e i suoi compaesani e tanto meno a guardarli dall'alto in basso

foto de Card Re con don Giuseppe

Grazie Eminenza perché non ha mai guardato nessuno dall'alto in basso, grazie perché non ha mai dimenticato il suo paese, i suoi famigliari, i suoi compaesani, grazie perché ha voluto un mondo di bene alla sua Borno. Bene grande che si è concretizzato in tante occasioni: ricordo solo la venuta del Santo Padre Giovanni Paolo II, di venerata memoria, che Lei Eminenza ha voluto, venuta che rimarrà nella storia e nel cuore di tutti noi.

Noi, gente di montagna, siamo un po' restii a manifestare i sentimenti che abbiamo dentro, ma le assicuriamo che le vogliamo un mondo di bene. Borno l'ha sempre ammirato ed è sempre stato fiera di Lei. Le assicuriamo la nostra preghiera quotidiana per la sua grande missione nella Chiesa universale.

Infine, anche se lo farà personalmente Sua Eminenza, desidero, a nome di tutta la comunità di Borno, dire il mio grazie ai Reverendissimi Vescovi presenti, ai sacerdoti, alle autorità presenti e a tutti voi qui presenti. Grazie Eminenza. Grazie a tutti voi.

don Giuseppe



50° di ordinazione sacerdotale del Card. Giovanni Battista Re

La riconoscenza e i ricordi dei bornesi

Caro don Giambattista, ora Sua Eminenza il Cardinale Re,

      ho un bellissimo ricordo di un giorno lontano, che risale a cinquant'anni fa e precisamente al 3 marzo 1957.

La Sua famiglia aveva invitato a presenziare alla Sua ordinazione sacerdotale mia mamma, che era stata maestra quando Lei frequentava la IV e la V elementare. Non potendo partecipare per motivi di salute, l'ho rappresentata io.

So che Lei ha sempre avuto un buon ricordo per la maestra Richini, che contraccambiava di vero cuore e gioiva ogni volta che Lei faceva un passo avanti nel Suo servizio alla Chiesa: studi a Roma, Segretario di Nunziatura a Panama ed in Iran e poi in Vaticano alla Segreteria di Stato.

Ogni volta che veniva a Borno per trovare la Sua famiglia, le faceva visita e l'ha visto anche pochi giorni prima che morisse (5-1-1974)

Ora, però, torno con la mente alla mattina di quel 3 marzo, giorno di festa del Fratino di Berzo.

I suoi famigliari avevano prenotato una corriera della ditta Bassi per andare a Brescia al Seminario di Cristo Re dove il Vescovo, Sua Eccellenza Giacinto Tredici, l'avrebbe ordinata “sacerdos in aeternum”, cerimonia molto intima, sentita e partecipata dalle persone presenti.

Poi ci siamo recati tutti a Botticino per un pranzo frugale. Nel primo pomeriggio abbiamo visitato il nuovo erigendo seminario, poi con il novello sacerdote siamo tornati a Borno dove ci attendeva la prima serata del Sacro Triduo.

Il giorno seguente c'è stata la solenne celebrazione della Sua prima Messa con la presenza di don Ernesto, del diacono Vanni, del futuro Padre comboniano Giambattista e del seminarista Pietro Ferrari.

Bei ricordi anche del 7 novembre 1987 a Roma, quando venne consacrato Vescovo e mi è stato possibile essere presente, mentre per la berretta cardinalizia del 21 febbraio 2001 ero ammalata.

Tutta la popolazione di Borno Le sarà sempre grata e riconoscente per averle portato quassù il grande Papa Giovanni Paolo II il giorno 19 luglio 1998: che gioia, che emozione, che festa!!!

Grazie infinite e molti cari auguri.

Maestra Mariuccia


* * *


Carissimo Cardinale,

     era la mattina del 21 febbraio 2001; a Roma c'era un po' di vento e sul sagrato di piazza S.Pietro decine di vesti color porpora sventolavano tutte nella stessa direzione. Giovanni Paolo II stava arrivando e migliaia di sguardi erano in attesa.

“Ci siamo!”, pensavamo e, mentre il nostro orgoglio saliva alle stelle, Lei si avvicinava al Papa per comunicare il grazie di tutti i vescovi che venivano nominati Cardinali. Ci sentivamo al centro del mondo perché lì, su quella grande piazza, potevamo assistere ad un evento così straordinario...

Le eravamo vicini perché ci onorava della sua profonda amicizia, avevamo seguito sempre il Suo cammino e quindi sapevamo come aveva potuto arrivare così in alto. Aspettavamo, anzi pretendevamo questo grandioso riconoscimento, anche se sapevamo che quel grande e indimenticabile Papa L'aveva scelta da tempo, L'aveva presa come amico e confidente e L'aveva eletta principe nel suo cuore quasi vent'anni prima.

Nessuno meglio di Lui aveva potuto conoscere le innumerevoli qualità che Lei non aveva mai voluto esibire, anzi cercava sempre di nascondere: Lei era un grande, affidabile, tenace e schivo lavoratore della Chiesa.

Lei non appariva mai, non ci teneva proprio, ma le Sue opere facevano una gran luce intorno a Lei.

Anche dopo la chiusura del conclave, L'abbiamo cercata tra i cardinali che si sporgevano dalle logge e facevano corona al nuovo Papa, ma non c'era. Non ci siamo sorpresi perché conosciamo da tempo l'umiltà e la semplicità che La distingue.

Anche quel giorno Lei aveva voluto correre al lavoro, perché così ha sempre fatto da cinquant'anni e al colore della Sua veste non ci ha mai badato.

Del resto con un papà che gliel'ha insegnato fin da piccolo e che a quasi cento anni continua ad insegnarglielo, non poteva che essere così... e questa volta un immenso grazie a papà Matteo ci vuole proprio.

In ultimo, per il Suo magnifico cinquantesimo di sacerdozio, un ringraziamento per averci dato, nel corso di questi anni, intime e profonde emozioni che ci hanno aiutato a riempire di significati positivi le azioni della nostra vita e l'augurio che Lei possa continuare a svolgere con serenità l'alto compito assegnato, ma anche trascorrere più tempo tra le sue montagne, con i suoi cari e gli amici di sempre.

Per questo promettiamo di ricordarLa sempre nella nostra povera ma sincera preghiera.

Gli amici di Borno



Oratorio Arcobaleno

Un CARPE DIEM per uno fa male a nessuno...

ovvero “Una storia fatta da tutti...”

Durante il campo-scuola che si è svolto nei primi giorni di gennaio, noi ragazzi di prima superiore ci siamo divertiti molto. Ne abbiamo combinate di tutti i colori fin dal primo giorno. La base di questo campo scuola è stato però un film e tutti gli insegnamenti da esso scaturiti... [Luca]

“Carpe diem”, “cogli l’attimo”. Attraverso la visione del film L’attimo fuggente e grazie a capitani come il Don, Max, Pol, Silvia insieme a valorosi compagni di “casino”, abbiamo assaporato perle di saggezza compensate anche da qualche cavolata... [Diego]

foto gruppo camposcuola

È stato bellissimo. Su questo film visto all’inizio, abbiamo lavorato tutta la settimana. Esso era il segna passo quotidiano, il binario dei nostri giorni. Visionando e approfondendo le parti e i dialoghi abbiamo potuto capirne l’importanza e il loro vero significato... [Noemi]

C’è stato chi ha vissuto questa esperienza sempre con il sorriso sulle labbra e chi l’ha vissuta con momenti “sì” e momenti “no”, ma pur sempre assaporati insieme, con l’aiuto degli animatori e di nuovi amici. Anche per questo è stata un esperienza indimenticabile: abbiamo avuto la possibilità di allacciare rapporti con persone che non conoscevo affatto... [Elena]

Una settimana come pretesto per rivedere i nostri vecchi amici, quelli che, alla fine della terza media, rischi di non frequentare più. Perciò grazie al don, alle cuoche, agli animatori e alla nostra amicizia.

Ragazzi buttati sui materassi e presi a cuscinate, spuntini di mezzanotte più somiglianti a cenoni di Capo d’anno. Tra polenta, cotolette e nutella... [Maria]

La notte era impiegata a cantare cori di ogni genere forse a ricordare le eterne sfide di lotta sui materassi che riempivano i momenti di relax... [Andrea]

Poi entrava Max nella stanza urlando: “BASTA!!!”. Non ce ne fregava granchè, l’importante era divertirsi, e così si continuava con i cori... [Nicola]

E quando eravamo al limite, facevamo finta di dormire per ingannare gli animatori che, assonati, tentavano di riportare ordine…[Emanuele]

In pillole: bellissimo, cuoche bravissime, animatori anche, ammassi di materassi, noi sotto, noi sopra, casino, tanto casino, bagnoschiuma trafugato per scherzi agli animatori e al don, battipanni rotto, lotta con cuscini, “Chi vuol essere milionario (o miliardario)” su play station...

Carpe diem!,cogliere ogni minuto, ogni attimo, lo abbiamo fatto e anche bene. [Chiara]

[Gli adolescenti]



Oratorio Arcobaleno

Dialogo di un piccolo fiore con il deserto

Tempo di Quaresima e non solo...

- Buongiorno signor deserto.

- Buongiorno piccolo fiore, qual buon vento?

- Sto cercando una persona, forse tu puoi aiutarmi.

- Fammi indovinare: un tipo scalzo, con la barba e i capelli lunghi?

- Sì, esatto. Ma tu come fai a saperlo?

- Non so... intuizione forse...

- Boh, sta di fatto che devo trovarlo...

- E come mai?

- È il mio compito... sono uno di quei fioretti che la gente vuol donare in segno di un impegno... sai, di quelli che vogliono significare il tentativo di dimostrare il proprio affetto e la propria dedizione.

- Lo so... non sei il primo che passa di qua... e quasi tutti in questo periodo dell’anno...

- Ah sì! E che ne è, di solito, di loro?

- Alcuni proprio non ce la fanno e appassiscono dopo pochi giorni, altri dopo qualche settimana, col finire della stagione, decidono di fermarsi, altri invece imparano a camminare e continuano a farlo anche fuori dal mio spazio, in situazioni ben diverse, sempre rincorrendo la stessa persona.

- E di solito trovano colui che stanno cercando?

- Sembra che talvolta lo incontrino e che tale sia la gioia nell’incontrarlo e donarsi a lui che, appena lo perdono di vista, ricominciano il cammino...

- Non so, sembra un’impresa difficile. Mi chiedo come mai per trovare qualcuno e fargli un regalo sia necessario venire in un posto così infelice, soprattutto per noi fiori sempre assetati...

- Sì, lo so, sembra strano...ma ci sarà un motivo se molti prima di te sono venuti qui a cercare qualcosa; pensa a Mosè, al popolo d’Egitto, a Giovanni il Battista, e ora questa persona che cercano in tanti...

- In effetti... qualcosa devi avere se tanti vengono qui... tu cosa ne pensi?

- Forse solo il cammino può farti realmente capire il perché quel qualcuno ha deciso di incontrarti in questa terra desolata e sconosciuta, in questa posto arido che a molti suscita silenzio, disperazione, morte. Camminare dentro me, è vero, significa faticare, fare sacrificio, rinunciare a camminare seguendo un percorso tracciato da altri.

Se inizi questo cammino potrai fare riferimento solo sulle tue forze, sulle tue capacità, dovrai costruirti la tua strada.

Non sarà facile, vedrai: ti sentirai smarrito e solo allora, alzando la testa, potrai accorgerti delle stelle fisse nel cielo, eterne ed infinite. Esse segnano l’unica strada percorribile. Quella è la Via e il tuo desiderio di percorrerla sarà la fonte a cui dissetarti.

- Accidenti, non mi sei molto d’incoraggiamento... ma chi me lo fa fare di cercare proprio qui?!?!?

- Aspetta... lasciami finire. Non ti sei chiesto se è solo così che lo potrai trovare veramente?

- Come...come?

- Sai, di esperienza non ne ho poi molta, ma qualcuno, passando di qua, mi ha detto che in giro ce ne sono molti di capelloni scalzi con la barba... ma di qua ne ho visto passare solo uno... Può darsi che la sua volontà sia di farti provare quel che si prova camminando tra le mie dune in modo che tu possa essere sicuro di incontrare proprio lui, senza timore di sbagliare. Sei matto che figuraccia se il dono fosse recapitato alla persona sbagliata...!?!?

- Beh, in effetti, non ci avevo pensato... sembri saggio buon vecchio deserto... mi hai convinto a partire... qualche altro consiglio?

- Non saprei... ti sarà utile sapere che talvolta, nel cammino, qualcuno ha visto delle orme correre al suo fianco... potrebbe aiutarti a non sentirti solo.

- Ok amico, è ora di partire... fatti sentire ogni tanto...

- Bene! Buon viaggio!!... ah, aspetta!!! Un’ultima cosa... dimenticavo di dirti che ieri ho visto le previsioni meteo e, se non sbagliano, tra quaranta giorni è previsto un bell’acquazzone. “

Massimo e Valerio



Oratorio Arcobaleno

Tutti pazzi per Francesco!

“Ragazzi, mi è venuta un’idea geniale! E se facessimo un musical tutti insieme? Noi ragazzi della GMG, della Valle...” MA SIAMO MATTI?

“Secondo me, ci vuole quel Musical su S. Francesco, quello ambientato ai giorni nostri che ho visto in Sardegna. Cantanti, ballerini, attori...” MA SIAMO MATTI??

“Facciamo un tour! Raccontiamola a tutti la storia di quel matto di Francesco che ha venduto tutto per essere più ricco dell’amore di Dio! 10 repliche, come quelli famosi!...” MA SIAMO MATTI?????

Foto di gruppo

Siamo matti, sì! Già, perché solo un po’ di sana pazzia può aver spinto quaranta giovani della Seconda Zona pastorale della Valle Canonica a cimentarsi con questa sfida. Mettere in scena un Musical (in questo caso “Il Giullare”, scritto da Massimo Serra) non è stata una cosa così semplice, e all’inizio per noi si è proprio trattato di trovare gli attori, i cantanti, i ballerini (così, alla buona...), gli artisti tuttofare, la preziosissima manodopera... Persino S. Francesco, all’inizio, ha avuto bisogno di una mano per ricostruire la chiesetta di S. Damiano, disastrata dalle violente piogge umbre…

E canta e sbaglia, balla e ri-sbaglia, recita e dimentica le battute, pesta i vestiti appena imbastiti e programma il computer, costruisci la scena e dipingi, cambia le luci e i colori, prova tutti i venerdì sera (noooo, c’è Dottor House!)... e alla fine questo beato (anzi, è il caso di dire Santo!) musical è stato inaugurato il 16 dicembre 2006, con un successo di pubblico assolutamente sbalorditivo (passatemelo anche se non eravamo all’Ariston, ma al teatro di Bienno: era stracolmo!!!). Lì, davanti a gente sconosciuta e non, tremanti come scolaretti all’esame di terza media (perché hanno tolto quello di quinta...), modello Calimero, (sono piccolo e nero). “Ho mal di stomaco...” “el me trèma i zenöch...” “inspirare, espirare...” “Signur, pensega te...”.

MAMMACHEFIFA, MAMMACHEPAURAPAZZESCA!

La paura c’era ed era tanta, ma poi... uno sguardo, un abbraccio con il tuo collega di fatiche, un occhiolino alla regista timida, un sorriso al Francesco “de no’ artri” (strettissimo dialetto umbro del ‘200), un Pater (che male non fa) e via a gridare che Francesco era sì un po’ matto, ma che in fondo aveva tutte le ragioni del mondo.

Io dico che anche Francesco ha avuto paura all’inizio, quando si è trovato davanti a qualcuno come il S. Padre che ha dovuto “giudicare il suo operato”. Una paura folle, ma era tanto grande quello che gli ardeva dentro, che ha fatto un respiro e si è presentato lì, vestito di stracci logori, a chiedere di vivere secondo le regole dettate dal Vangelo, secondo le regole dell’amore di Dio, l’unico che veramente ci permette di vedere il mondo con occhi nuovi!

E pensare che ormai siamo già alla quinta replica e che ancora di strada da fare ne abbiamo tanta: il 24 marzo forse ci si arrampica fino a Ponte di Legno, poi Esine, Cividate...

E Borno? No comment... Dove ci mettiamo?!?!?

Così, dopo più di un anno da quando questo progetto è partito in una giornata tedesca, siamo ancora tutti lì a divertirci, a ballare, a cantare, a urlare che la gioia non sta nelle grandi ricchezze, nel successo o nel potere, ma nelle piccole cose semplici di ogni giorno, nell’amore per i fratelli e per le creature e nel coraggio di giocarsi la vita per ciò in cui si crede.

Questo è quello che a noi ha insegnato Frate Francesco, che si è fatto niente per essere più vicino al suo Padre dei Cieli; questo è il messaggio che giorno dopo giorno, replica dopo replica, noi giovani vogliamo e dobbiamo portare a coloro che ci vorranno ascoltare.

Perché la vita dei Santi non è solo un esempio da ammirare e da lodare, ma da imitare. E in fondo, se anche noi imparassimo ad essere un po’ matti come Francesco, forse troveremmo il coraggio per azioni veramente inaspettate!

Annalisa



Oratorio Arcobaleno

NORD, SUD, OVEST, EST!

La Comunità delle Vocazioni Giovanili del Seminario a Borno

Nord…Sud…Ovest…Est..!?! No, non abbiamo perso la strada, ma ci siamo impegnati ad orientare le nostre vite a Gesù, unico riferimento del nostro andare, come dice una canzone. Infatti i punti cardinali, rappresentati dalla Parola (nord), dalla riconciliazione (sud), dall’Eucaristia (est) e dalla guida (ovest), ci hanno accompagnato nel ritiro fatto con i cresimandi di Borno lo scorso febbraio, nel quale abbiamo condiviso con i ragazzi mezza giornata all’insegna della preghiera, del lavoro e del sano divertimento.

Durante la nostra permanenza a Borno abbiamo anche avuto la gioia di partecipare al 50° anniversario di ordinazione presbiterale di Card. Re, di incontrare gli anziani ospitati nella casa albergo e naturalmente di goderci un paesaggio unico, che in città si può soltanto sognare.

Siamo ripartiti nel pomeriggio di domenica portando con noi tanti ricordi, tante facce nuove, in particolare ricordando nelle nostre preghiere i volti e i sorrisi dei ragazzi che si preparano alla cresima. È stata un’esperienza molto edificante anche per noi averli potuti incontrare personalmente e vedere come lo Spirito è presente ed agisce in loro.

Desideriamo ringraziare in modo particolare don Giuseppe, don Alberto, le cuoche (Rosi, Laura, Elena, Antonella e Miriam) e tutte le persone che in qualsiasi modo si sono adoperate per rendere più felice il nostro soggiorno.

Vi chiediamo un costante ricordo nelle vostre preghiere, per noi e per tutto il seminario diocesano, affinché anche grazie a voi si compia l’opera del Signore.

Ci siamo fermati nella vostra parrocchia soltanto tre giorni, ma sono bastati per gustare la genuinità e la simpatia di un paese accogliente.

I seminaristi



Oratorio Arcobaleno

La Festa di san Giovanni Bosco

Il 31 Gennaio si è celebrata la festa di San Giovanni Bosco, patrono dei ragazzi e dei giovani. Don Bosco (come è più familiarmente noto) sacerdote ed educatore cattolico, è vissuto in provincia di Torino dal 1815 al 1888.

Il suo sogno sin da bambino è stato quello di dedicarsi ai ragazzi poveri e disperati. Ordinato sacerdote nel 1841, scelse come propria attività principale l'educazione della gioventù.

Ha creato il primo oratorio ed ha fondato la Congregazione dei Salesiani. L'impegno di Don Bosco e i Salesiani era quello di dare ai giovani pane, catechismo, istruzione professionale e un mestiere protetto da un buon contratto di lavoro. Con un lavoro estenuante ha realizzato opere imponenti.

Oltre alla varie case Salesiane, ha fondato altri Istituti e Missioni, ha costruito un Santuario, ha pubblicato e scritto molte collane di libri popolari “per la gente cristiana e i ragazzi del popolo”.

Fra tante cose importanti ha inventato un modello di educazione familiare, fondato su tre valori: ragione, religione, amorevolezza, che molti riconobbero come il sistema ideale per educare i giovani.

La nostra comunità lo ha ricordato con una S.Messa, celebrata la sera, per tutti i giovani e le loro famiglie. Durante l'omelia don Alberto ci ha invitato a riflettere sui messaggi che San Giovanni Bosco ci ha lasciato:

1) la Fede in Gesù è il dono più prezioso
2) l'importanza della preghiera
3) cosa vuoi dire voler bene sul serio.

Ci ha esortato a seguire l'esempio di Don Bosco, ricordandoci che non dobbiamo essere egoisti, dobbiamo essere capaci di qualche gesto d'amore nei confronti di chi ne ha bisogno e che l'amore vero deve essere gratuito e disinteressato anche quando ci costa un po' di fatica.

Dopo la S.Messa i nostri sacerdoti hanno offerto una cena all'oratorio per tutti gli adolescenti.

Eravamo in molti, circa cinquanta; le cuoche volontarie (eccezionali come sempre) ci hanno rimpinzato con i loro squisiti manicaretti.

Dopo il primo e il secondo... frittelle e saltasò a volontà. .. e al diavolo la linea! Durante la cena qualcuno è riuscito a seguire qualche azione del Milan, qualcun altro invece, credendosi il nuovo Bocelli, ha intonato dei cori con un risultato veramente disastroso. Ci siamo comunque divertiti molto.

È sempre bello trovarsi insieme, stare fra amici, condividere dei momenti di gioia e divertimento.

La cena in oratorio, secondo me, riassume proprio l'importanza di questo luogo e ci fa pensare quanto siamo fortunati ad averlo.

Per molti di noi l'oratorio è solo un locale dove si tengono gli incontri di catechismo, dimenticando che invece l'oratorio è e deve essere un luogo dove noi giovani possiamo incontrarci, confrontarci, parlare, giocare, divertirci; condividere insomma dei bei momenti che ci aiutano a crescere insieme.

Vorrei concludere questo mio articolo con due frasi celebri di Don Bosco: “Se vuoi farti buono pratica queste tre cose e tutto andrà bene: allegria, studio, preghiera. È questo il grande programma per vivere felici e fare molto bene all'anima tua e agli altri”. “La Vita, questo grande dono che Dio ci ha dato, bisogna spenderla, e spenderla bene”.

Laura



Oratorio Arcobaleno

Carnevale 2007

Il carnevale è la festa dei bambini, la festa dei più grandi, la festa di tutti. Il giorno in cui tutti escono un po' dalle righe. Volete un esempio? il nostro son Alberto vestito da re Priamo.

Quest'anno per le vie del nostro paese hanno sfilato due carri: il carro dei più piccoli che rappresentava “I cavalieri della tavola rotonda” e il carro degli adolescenti “La guerra di Troia”. I piccoli cavalieri erano veramente belli e spiritosi, i grandi combattenti sembravano valorosi, le dee erano carine, ma nessuno poteva competere con Ginevra... davvero spiritosa e divertente.

E cosa aggiungere all'idea della banda? “Le bellezze del bagno” molto originali e simpatiche, nonostante il tempo non fosse dei migliori, hanno sfilato davanti ai carri, suonando e facendo compagnia a tutti i presenti.

foto carnevale

Cosa dire della giornata? Beh... il tempo sicuramente non ci ha assistito, ma nonostante la pioggia (che ha portato molti raffreddori e qualche febricciattola) ci siamo divertiti comunque.

Ritrovo in piazza mercato, quando arrivano i carri le mascherine presenti sono poche, ma in pochi minuti tutto si riempie: fate, apette, nuovi eroi della tv. Piazza mercato da grigia e triste diventa colorata e festosa.

Fra coriandoli, schiuma e stelle filanti al passaggio dei carri il paese si colora, sui volti compaiono sorrisi, i più piccoli tentano di lanciare i coriandoli sul carro, ma data la scarsa forza, non sempre raggiungono l'obiettivo sperato.

Certo non era il carnevale di anni fa: parecchie persone che si impegnavano per fare in modo che i carri fossero oltre che numerosi anche stupendi e dove chiunque dava una mano. Ora purtroppo, e questo va anche a scapito dei nostri bambini e degli adolescenti, sempre meno persone hanno intenzione di impegnarsi per una sfilata che dura solo un paio d'ore! Si, forse sono un paio d'ore di sfilata, ma molte per incontrarsi, parlare giocare ridere e scherzare.

Quindi mi sento di ringraziare tutti coloro che hanno partecipato alla realizzazione dei carri.

Complimenti alla parrocchia che ha realizzato, grazie all'aiuto di adolescenti e genitori, i carri (anche se non erano troppo stabili ... vero DON?). GRAZIE a Franca che in poco meno di un mese ha cucito qualcosa come 60 vestiti! Grazie ancora alla parrocchia che ha consegnato le coppe alle maschere più belle, Grazie alle mamme che hanno preparato i dolci per concludere la festa... e poco meno grazie a chi non ha saputo aspettare tutti e ha assalito il buffet! Grazie alla banda che, come sempre, è stata disponibile e simpatica!

Per quest'anno il carnevale è passato, ma per l'anno prossimo si accetta chiunque!

Valentina



dalle missioni

La gratitudine, le attese e le speranze di Padre Giacomo

Carissimi Amici Bornesi,

    scusatemi se ho lasciato passare tanto tempo prima di scrivervi, per esprimervi tutta la mia riconoscenza per l’accoglienza e l’amicizia che mi avete donato durante le mie vacanze in mezzo a voi.

Sono tornato al mio posto di lavoro e mi sono subito lasciato prendere dalle cose da fare, dimenticandomi di fare la cosa più importante, cioè scrivere a voi per dirvi la mia gratitudine.

foto della cappella

Mi hanno fatto bene le vacanze in mezzo a voi. Mi hanno toccato veramente la vostra fede e il vostro impegno nel portare avanti nuove iniziative. Ho visto in voi tanta maturità. Ho avuto modo di parlare personalmente con tanti di voi, di conoscere le cose che vi stanno più a cuore, di avvertire la grandezza del vostro cuore.

Le cose qui sono riprese anche se con un po’ di difficoltà, data la mancanza di chiarezza nel dare una fisionomia a questa parrocchia che sta nascendo. Forse ci vorrà ancora del tempo perché ci si veda più chiaramente.

Quello che voi generosamente avete condiviso con me, me lo sono portato appresso, ma al momento non posso ancora metterlo a buon uso, perché devo vedere quello che concretamente ha in mente il vescovo e anche come la gente intende impegnarsi.

foto della cappella

Non è efficace e nemmeno maturante per la gente ricevere le cose in regalo... tutto deve portare ad un loro coinvolgimento molto responsabile ed avere anche la loro controparte. Solo così sentiranno come loro quello che riusciranno a fare con il sostegno anche della vostra generosità.

Le fotografie che trovate allegate vi mostrano quanto siamo riusciti a fare quest’anno con quanto essi avevano già messo da parte negli anni scorsi. Qualcuno di loro ha delle possibilità ed è bene che facciano tutto il possibile.

Per il momento cercheremo di usare al meglio il minimo di struttura che già abbiamo e usare qualcosa di quanto ci avete donato per vedere di penetrare nel mondo giovanile che al momento, si può dire, è ancora quasi totalmente assente. E i giovani sono tanti. Giornate di formazione per loro saranno una delle nostre priorità. Questo richiederà anche di avere dei catechisti a tempo pieno per le scuole superiori. Qui la scuola offre ancora la possibilità di entrare in contatto con loro per una formazione religiosa più approfondita e matura.

Una delle baraccopoli ancora non ha una cappella. Stiamo cercando un angolino di terra in cui fare qualche cosa per poter almeno celebrarvi la messa e avere un posticino in cui poterci riunire. Intanto le emergenze continuano e noi cerchiamo di fare qualcosa per venire incontro alle situazioni più difficili.

Durante questa quaresima al venerdì abbiamo la Via Crucis per le strade: vogliamo passare in tutte le vie per comunicare alla gente la semplice ma importante convinzione che Cristo sta portando la croce con loro, che è dalla loro parte e che vuole la risurrezione anche per loro e insieme con loro.

Uno dei lavori più difficili sarà quello di far sentire comunità unica, famiglia unica la gente della comunità parrocchiale che vive a livelli diversi, in condizioni molto diverse e che istintivamente tende piuttosto ad evitarsi.

Al momento siamo in piena campagna elettorale. La gente è divisa tra la speranza di qualcosa di nuovo... e la paura di una nuova delusione in base all’esperienza delle passate elezioni, dove la corruzione ha regnato sfacciatamente. Dio ce la mandi buona!

Grazie ancora una volta della vostra generosità! Buona Pasqua!

Con amicizia ed ammirazione.

P. Giacomo



dalle missioni

Lectio Divina anche in Brasile

Notizie di Padre Defendente

Nova Timboteua, 2-2-2007

Carissimi amici del Gruppo Missionario,

     oggi é una giornata tutta speciale per noi, persone consacrate al Signore. È la festa della Presentazione del Signore Gesù al tempio, quindi è anche la festa nostra e di tutti i chiamati al servizio del Vangelo.

Dopo quattro mesi dal mio rientro nella mia missione voglio ringraziare il Signore che mi ha chiamato al suo servizio, come figlio di San Francesco e mi ha riempito di tanti doni e di tante grazie.

Ancora una volta voglio ringraziare il Signore per l'estate scorsa, passata a Borno in quelle condizioni, perché ho potuto capire di persona cosa voglia dire avere bisogno degli altri, cosa vuol dire essere “ammalati”.

La sciatica adesso é solo un ricordo. Speriamo che non ritorni più. Ho tante cose da fare, da vivere.

La nostra Diocesi di Castanhal, che ha come Vescovo Mons. Carlo Verzeletti, un bresciano di Trenzano, sta vivendo un momento di grazia tutto speciale, con i suoi laici impegnati in una evangelizzazione capillare.

Dall'inizio dell'anno ogni mercoledì è diventato il giorno della PAROLA: tutti i gruppi, tutti i villaggi, tutte le Comunità si riuniscono per fare la lettura orante, Lectio Divina, del Vangelo e del salmo responsoriale della domenica seguente. Sto accompagnando i gruppi che sono ancore in fase di iniziazione; c'è molto entusiasmo in giro, molta sete della Parola.

Per quanto riguarda l'aspetto sociale, continua il nostro impegno con i poveri mediante la raccolta di generi alimentari durante la prima domenica di ogni mese: in questo modo possiamo soddisfare una cinquantina di famiglie povere.

È sempre viva la scuola artistica, dove si insegna ai ragazzi sani l'arte di lavorare gli oggetti della natura e trasformarli in piccole opere d'arte.

La famiglia dei bambini disabili sta aumentando sempre più. Questi piccoli innocenti sono la mia famiglia e voglio loro molto bene.

Mando la fotografia di Camila che ha come madrina Margherita Rigali. La vedete nella sedia a rotelle che le abbiamo dato per Natale. Fra tutti i bambini disabili Camila è la più malconcia. Inferma dalla nascita non parla, non cammina; viveva per terra come un verme; adesso può vedere la luce del sole, mentre prima non potava mai uscire di casa.

Ringrazio il Signore che mi ha chiamato alla. missione. Sono contento della mia vita, del mio lavoro, della mia gente. Ancora una volta voglio ringraziare la buona gente di Borno che ha tanto amore per le missioni. Ringrazio tutti i padrini e le madrine per l'aiuto che stanno dando ai miei piccoli innocenti. Che il Signore li ricompensi con la sua santa benedizione.

Una Santa Quaresima a tutti e BUONA PASQUA

Padre Defendente



dalle missioni

Lasciamoci scomodare dai poveri

Gitega, 15-12-2006

Carissimo don Giuseppe,

     approfitto del rientro di una nostra consorella per inviarti i miei più sinceri auguri di Buon Natale e di Buon Anno. Auguri a te e a tutta la comunità bornese che sento molto vicina, soprattutto in questo tempo natalizio in cui ogni famiglia si riunisce per rinsaldare i propri legami e aprire il cuore ad un amore più grande: quello di Dio per l'umanità che si incarna in Gesù.

Gesù Bambino viene ancora una volta a bussare alla porta e chiede di essere accolto nella persona dei poveri e dei sofferenti. L'accoglierlo da gioia e ci arricchisce di ciò di cui la nostra vita ha più bisogno: l'amore, la pace, la serenità, la forza, il coraggio, la verità... Ne facciamo esperienza ogni giorno con i tanti poveri che la provvidenza ci invia, chiedendoci di assisterli nelle loro esigenze fondamentali di mangiare e di vestirsi, di avere un tetto per ripararsi e un terreno da coltivare, delle medicine per curarsi, un lavoro sicuro.

Veramente ogni volta che riusciamo a lasciarci scomodare da loro, la gioia colma il nostro cuore e tutte le nostre opere sono benedette; ciò che ci mancava ci arriva improvvisamente, i problemi si risolvono finalmente, la comunità è in armonia, tutti si prestano ad aiutarci.

In questo Santo Natale 2006 auguro a tutti e ad ognuno di fare la nostra stessa esperienza dell'amore gratuito del Padre, ricevuto e donato a piene mani!

Se vi è possibile mandatemi un po' di neve per la notte di Natale: ne ho tanta nostalgia. Io cercherò di mandarvi un po' di sole affinché la notte non sia troppo fredda e tutti possiate passeggiare per le vie del paese ad ammirare i presepi viventi.

Un saluto e un grazie particolare ai malati che offrono la loro sofferenza e la loro preghiera per sostenere la nostra missione, al gruppo missionario e al gruppo “ravioli” che si danno sempre molto da fare, ai giovani, alle famiglie, alle suore e a voi, don Giuseppe e don Alberto, che guidate con saggezza e grande amore la porzione di popolo a voi affidato.

Buon Natale e Buon Anno nuovo a tutti.

Suor Ester



dalle missioni

Una briciola piena di notizie dalla comunità di suor Patrizia

Bobo Dioulasso, 22 gennaio 2007

Carissimi amici di Cüntòmela e amici tutti di Borno, gruppo missionario e gruppo dei casonsei,

     vengo con queste righe per dirvi GRAZIE e raccontarvi un po' dei nostri giorni. Ho aspettato fino adesso ma ora vi farete una scorpacciata di notizie e, sono certa, che ci scusate se vi mandiamo solo adesso le notizie di Natale.

Il Natale 2006 è stato particolarmente intenso per la nostra comunità: in verità tutto l'Avvento è stato speciale! Innanzitutto la nostra piccola comunità formata da 5 suore si è allargata a fisarmonica, fino a moltiplicarsi e triplicarsi. Prima siamo state allietate dalla presenza di sr Emmerentienne che, in attesa di celebrare i voti perpetui il 28 dicembre, si è fermata a Bobo per la preparazione e l'organizzazione della festa; a lei si è aggiunta sr Delphine. Il 21 dicembre sono arrivate sr Marie Claire, sr Pascaline e sr Elisabeth dalla Costa d'Avorio e così siamo diventate 11. Il 26 dicembre abbiamo avuto la gioia di accogliere la Provinciale, sr Lilia, sr Fiorelisa e sr Denise e le suore di Kwentou e. ci siamo triplicate: ben 16.

La preparazione al Natale è stata intensa non solo per la nostra comunità, ma anche per i nostri poveri. In questo lavoro con i poveri, siamo state sostenute dalla presenza attiva di Romina, una mamma italiana, dell'Associazione di Grazia, che ha condiviso con noi più di un mese.

Da due anni seguiamo circa 250 famiglie che vivono nei quartieri periferici della città. Queste famiglie sono seguite per la scolarità dei bambini, ma soprattutto le sosteniamo nel migliorare la loro qualità di vita attraverso la realizzazione di piccole attività generatrici di reddito. Abbiamo organizzato tre Feste della Solidarietà in attesa del Natale per i bambini della scuola primaria (con i quali abbiamo cantato, giocato e danzato), per i piccinini dai 0 ai 3 anni (che seguiamo nel programma di accompagnamento nutrizionale per evitare che entrino nel tunnel della denutrizione) e per i ragazzi del liceo che sono il futuro di questo Paese. Pensiamo che a loro vada dedicato tempo e attenzione affinché cresca in loro il desiderio di autopromozione e la voglia di contrastare la terribile realtà che vede i ricchi diventare sempre più ricchi, e i poveri divenire sempre più poveri.

L'Associazione «Tante mani per ... », in stretta collaborazione con la nostra comunità di Bobo, sta aprendo in città, non lontano dalla nostra missione, un Centro di Accoglienza per bambini soli e ragazze in difficoltà: è ancora in ristrutturazione ma già accoglie i primi poveri perché questi non aspettano che tutto sia ben organizzato, arrivano con i loro bisogni impellenti e ti costringono a fare in fretta. Il giorno di Natale il Centro, che abbiamo chiamato «I dansè» (Tu sei il/la benvenuto/a), ha ospitato 25 poveri, soprattutto ragazze madri con il loro bambini, che non avrebbero certo festeggiato il Natale.

Il 28 dicembre è stato giorno di grande gioia per tutte noi: sr Emmerentienne e sr Delphine, nel Santuario “Nostra Signora della Salette” di Bobo, gremito di gente e parato a festa, hanno espresso il loro «si» definitivo e totale al Signore che le chiama a prolungare la consacrazione di Cristo al Padre attraverso le opere di misericordia. La cerimonia, sobria e solenne, è stato un forte momento vocazionale e un'occasione per rinvigorire il nostro «si» al Signore e ai poveri.

La città di Bobo, soprattutto la periferia, è inquietante con le molteplici facce della povertà che propone senza ritegno. Il nostro è un piccolo servizio, ma è bellissimo ed edificante vedere i piccoli frutti che nascono ogni giorno: a quelli grandi e straordinari abbiamo imparato a non credere.

In dicembre è partito il 5° gruppo di donne sostenute con il microcredito: diamo prestiti a interessi 0 per avviare piccole attività lavorative quali ricamo, produzione di dolo (birra locale), piccolo commercio di cereali, preparazione di galette (dolci locali) da vendere davanti alle scuole, preparazione di piatti caldi, fabbricazione e vendita di scope ecc.

Dopo due giorni di formazione, in cui con lo yogurt e le pietre spieghiamo le nozioni basilari di economia, abbiamo dato il denaro per avviare o incrementare la loro attività. Adesso stanno cominciando i rimborsi ed è bellissimo vedere con quanto entusiasmo e quanta fierezza vengono a rimborsare e a raccontarci come è andata. Tutte dicono la stessa cosa: «Grazie perché avete creduto in noi».

Abbiamo imparato in questi anni che la cosa fondamentale non è dare denaro, ma fiducia: far sentire che si crede in loro, nelle loro possibilità e capacità. Abbiamo imparato nel tempo e con l'esperienza a non operare «per» i poveri, ma «con» i poveri. Nella semplicità ci interessiamo a loro e alla loro famiglia, alle loro attività, ai loro progetti ed è bello vedere che persone schiacciate dai loro molteplici problemi, dopo poco tempo, ritornano da noi con il sorriso e con una grande voglia di farcela, fieri del loro operato e di quello che hanno guadagnato e messo da parte con il sudore della loro fronte.

Anche se ci prolunghiamo un po', cogliamo l'occasione per condividere con voi altre notizie che riguardano la nostra comunità e le attività che il Signore ci permette di realizzare.

Sono tantissimi i giovani che possono andare a scuola con la bicicletta che gli abbiamo regalato. Tanti dei nostri giovani percorrono anche 6-7 chilometri a piedi per raggiungere la scuola all'altro capo della città. Senza contare i tantissimi handicappati che girano per Bobo con le vetturette acquistate o riparate attraverso il nostro aiuto. Gli handicappati sono al centro della nostra attenzione e li seguiamo anche per gli interventi chirurgici e per avviarli in piccole attività lavorative.

Questo è periodo dell'harmatan e, di conseguenza, di epidemie perché il vento sparge microbi ovunque. Tantissime mamme vengono con ricette mediche chilometriche e noi, grazie all'aiuto dei benefattori, riusciamo a comprare le medicine o pagare l'ospedale che, per alcuni, rappresenta l'unica possibilità per continuare a vivere. Sr Christine ha dato un grandissimo aiuto all'Ospedale Civile di Bobo con il suo stage completamente gratuito in pediatria, soprattutto nel Reparto Emergenze. Per due mesi ha lavorato senza risparmio e facendosi carico di diverse situazioni.

Un'esperienza singolare di questi giorni è stata quella di ospitare nella nostra cappella una coppia mista (lui musulmano e lei cristiana) che, dopo aver celebrato il matrimonio civile, musulmano e tradizionale, hanno celebrato il loro matrimonio cristiano con immensa gioia della sposa e con grande comprensione e partecipazione dello sposo. A tutto questo ha fatto corona il sorriso radioso delle loro tre figlie ormai grandicelle.

Ecco una briciola di vita della nostra comunità che volevamo condividere con voi. Ci affidiamo al vostro sostegno affettuoso, e alla vostra preghiera affidiamo tutti i sogni, i progetti e le speranze dei nostri poveri.

Sr Patrizia
e comunità di Bobo.



dalle missioni

Grazie dalla Guinea Equatoriale

Bata, 28 gennaio 2007

Carissimo gruppo missionario di Borno,

     suor Anna (di Casa Albergo n.d.r.) ci ha fatto arrivare la vostra offerta di € 1000,00 affinché possiamo aiutare questo popolo dell'Africa, Guinea Equatoriale, che ne ha tanto bisogno.

Ormai conoscete ciò che facciamo per questa povera gente nel campo della Sanità. Per la scarsa nutrizione e per le misere condizioni d'igiene i malati sono tanti. Le medicine scarseggiano, sono costose e molti poveri non le possono acquistare. A tutto ciò si aggiunge la debolezza degli infermi dopo la guarigione, con le poche difese dell'organismo che richiedono trasfusioni di sangue, lunghe cure di ferro, vitamine, calcio ecc.

Abbiamo un Centro di salute che accoglie tutta la popolazione della zona sud di Bata (36.766 abitanti). Esso comprende tre consultori: un laboratorio dove si eseguono analisi di vari tipi (malarie, filarie...), un gruppo vaccinatrice che accoglie soprattutto i bambini e le donne incinte, un Centro di Attenzione Primaria di Salute (A.P.S.) a servizio degli abitanti lontani dalla città che non possono raggiungerla per mancanza di denaro o di mezzi propri di trasporto. Le suore partono puntualmente ogni giorno per arrivare anche ai villaggi più lontani, superando i disagi nel periodo delle piogge che rendono le strade intransitabili.

Un equipe ambientale ha il compito di scavare pozzi dove è possibile, affinché le popolazioni abbiano l'acqua potabile.

Disponiamo anche di una mensa dove arrivano ogni giorno bambini denutriti e lattanti portati dalle loro mamme portatrici di HIV. Tutti usufruiscono di un pasto diario e dei viveri per il fine settimana. Grazie a questo molti bambini sono stati salvati.

Il vostro aiuto è preziosissimo e necessario: senza di esso non ci sarebbe possibile portare a termine i nostri progetti. Non vi stancate di essere generosi. Grazie per il vostro aiuto, interesse e collaborazione.

Ancora grazie, tante grazie! Che il Signore ve ne renda merito.

La Comunità di Suore di Bata:
Teresa, Trini, Soma e Maria Josè



di tutto un po'

Le suore della “Carità di sant'Anna” lasciano Casa Albergo

Al sig. presidente Luciano Belotti
della Casa Albergo per anziani
“Cav. Paolo Rivadossi” di Borno

Zaragoza, 14 gennaio 2008

Distinto Signore,
     durante tredici anni la nostra comunità di suore ha svolto con grande piacere il servizio agli anziani di questa Casa Albergo ed era disposta a continuare. Precisamente per questo era stata inviata suor Anna Feli, dato che suor Massima Rodrigo terminava il suo incarico di superiora il prossimo mese di luglio, secondo le nostre Costituzioni.

Come Lei già sa, suor Anna è stata eletta Provinciale della Provincia “Nostra Signora del Pilar” in Spagna. In queste elezioni il Consiglio Generale non può intervenire perché le Provincie sono autonome e possono eleggere la persona che ritengono più idonea. Perciò con grande rammarico siamo costrette a lasciare Casa Albergo, perché non abbiamo ora una suora che possa sostituire suor Anna Feli.

Per non creare disagi siamo disposte a continuare tutto il tempo necessario affinché possiate risolvere il problema della direzione della casa di riposo, purché non superi i sei mese dalla data di questa lettera. Lo comunico a Lei perché lo faccia presente a chi di dovere.

Mi creda che siamo veramente spiacenti di dover prendere questa decisione, ma non abbiamo altra alternativa, data la mancanza di vocazioni che in questo momento stiamo soffrendo.

Vi ringraziamo calorosamente per la possibilità che ci avete dato di svolgere la nostra missione in Borno, un paese che sentiamo come nostro e dove ci siamo sentite accolte e amate da tutti.

Grazie con tutto il cuore.

Un cordiale saluto

Suor Josefina Vélaz



di tutto un po'

I drammi della storia e il rifiorire dell'umanità

«Quando l'uomo sogna per l'uomo un mondo senza dolore, senza imperfezioni, in realtà già sgretola reticolati, divide il mondo in adatti e meno adatti, dove questi ultimi non sono poi molto diversi da una zavorra, qualcosa da eliminare lungo la strada.»

Così si esprime un personaggio del nuovo romanzo di Susanna Tamaro - Ascolta la mia voce - nelle sequenze finali, con un realismo che riporta a stagioni terribili della vicenda umana. E, purtroppo, questi tempi drammatici non sono ancora terminati, come ci propone la cronaca attuale, costruita sul bene ma anche su tanto male.

Tuttavia sempre, anche nei momenti più difficili, sono stati immaginati e realizzati dei tesori di umanità che, nonostante tutto, hanno tenuto viva la speranza. Penso alla lunga realtà, per estensione di tempo, della Croce Rossa Italiana di cui proprio ora, in un volume ricco di pagine, si celebra la storia, l'epopea di una grande istituzione che ha lasciato sempre un segno positivo e ha fatto nascere l'idea che l'uomo è davvero un essere destinato all'eternità, laddove è capace di grande solidarietà.

Sostengo questi valori perché credo troppo nell'impegno di chi sfida le tragedie anche dei nostri giorni, nonostante frequenti e martellanti messaggi di morte e di violenza, con altrettanti richiami alla tolleranza, all'aiuto reciproco, in nome di ciò che di più profondo appartiene alla sapienza del cuore.

Da diverse parti anche nel nostro paese si alzano grida di pianto per la brutalità di chi uccide e distrugge gli affetti, ma noi, e noi Avisini in prima persona, teniamo alta la bandiera della verità che si fa, ogni giorno, desiderio di dono e proposta di vita, proprio come lo fu e lo è tuttora la Croce Rossa.

Anche per questo il nostro tempo non è destinato alla distruzione di tutto ciò che ha di più nobile e vero. I tentativi sono molti, però la volontà di restare in trincea, di continuare nell'impegno per un mondo migliore e più solidale fanno rifiorire sempre un'umanità che riflette raggi di felicità.

Cav. Carlo Moretti


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