Parrocchia san Giovanni Battista - Borno

Patrizia Zerla

Missionaria in Burkina Faso - vedi Associazione Tante mani per...

Suor Patrizia Zerla

Bobo, 1 novembre 2000

Carissimi,
nel viaggio di ritorno da Borno alla missione mi sono trovata a leggere le memorie del carissimo amico Padre Defendente, di cui condivido l'ansia apostolica. Mi sono sentita così stimolata anch'io a scrivere qualcosa sulla mia vita di consacrata e di missionaria, al fine di far nascere nel cuore di tanti questa ansia per la salvezza delle anime e perché Cristo sia conosciuto, amato e servito da tutti i popoli della terra.
Soprattutto vorrei riuscire a farlo, grazie alla vostra disponibilità, al termine ormai di questo Anno Santo Giubilare, anno colmo di tante grazie.... "Che la grazia di Dio in noi non sia vana!".

Sono cresciuta in una famiglia di sani principi cristiani, quarta di otto figli, attorniata ed educata all'amore che è servizio, dono per il prossimo e gratitudine per il dono degli altri. Ho vissuto una fanciullezza allegra e mai avrei pensato alla possibilità di consacrarmi a Dio, anche se ero sempre in convento ad aiutare le suore che abitavano vicino alla mia casa.

Quando mio fratello maggiore entrò nel collegio dei Comboniani, cominciò a mandare a casa materiale da vendere per le missioni (coroncine, libri e oggetti vari); ricordo che, ancora bambina, andavo con mia sorella, bussando di porta in porta, per riuscire a vendere tutto e preparargli il gruzzoletto.

Leggevo il "Piccolo Missionario" e sognavo tante avventure nelle quali, però, il protagonista era sempre mio fratello. I discorsi missionari mi hanno sempre interessato, ma non erano per me; stimavo quelli che avevano il coraggio di lasciare tutto e partire, ma io non mi sentivo in grado e dicevo: "Cosa vado a portare?". È sempre stato un punto forte per me l'annuncio.

Mi sentivo vuota e vedevo chiara la necessità di una preparazione perché missione è uguale a portate Qualcuno!

Il Signore ha i suoi tempi e mi ha fatto aspettare ancora qualche anno per formarmi, per prepararmi, come a Lui è piaciuto, in una vocazione di speciale consacrazione. Mi piace dire, e lo ripeto sempre, che ero una ragazza normale, felice e a cui piaceva anche allora godersi la vita. La mia gioia era servire Dio negli ammalati e viaggiare, conoscere nuovi luoghi, nuova gente.

Mai mi aveva sfiorato l'idea di farmi suora, fino a quando la curiosità mi spinse ad accettare l'invito di suor Annalucia a partecipare a degli incontri. Con altre ragazze ci trovavamo, una volta al mese, per passare il fine settimana in amicizia, riflettendo e pregando. Ero in ricerca e ho fatto una bella esperienza: la preghiera e la fraternità mi attiravano. Arrivai così a 25 anni; tutto era bello per me, avevo imparato a gioire delle meraviglie del creato e a "godermi" la vita in senso buono, approfittandone appieno per il bene mio e degli altri. Quell'anno mi comprai anche dei pantaloni di ogni colore come piacevano a me e che non abbandonavo mai perché molto comodi: ero talmente legata a quei pantaloni che giunsi ad offrirli sull'altare il giorno della mia entrata in convento. Li indossavo anche quando annunciai a mia cognata la decisione di ritirarmi in convento; lei stupita mi rispose: "... e me lo dici così? Vestita con quei pantaloni giallo canarino?".

La mia vocazione, però, è maturata nella sofferenza, come ebbi già a dire nelle mie testimonianze. Tutto cominciò a mezzanotte di quel 10 maggio 1983. Stavo ritornando in automobile coi miei genitore da una bellissima gita a Roma - Loreto - Bucchianico (il paese natale di S. Camillo de Lellis). Arrivati sull'autostrada Milano-Bergamo, all'altezza di Dalmine, una gomma scoppiò e noi ci trovammo al buio in mezzo alla strada, dopo aver strisciato con la testa per parecchi metri sull'asfalto.

La gente dei dintorni, sentito lo scoppio, si affrettò a soccorrerci, evitando così un susseguirsi di incidenti. Quella che ebbe la peggio fu la mamma che passò diversi mesi in ospedale con tante complicazioni.

Per me cominciò una pagina importante della mia esistenza, con intensa sofferenza e tanta riflessione sulle domande più importanti della vita.

Dopo aver toccato con mano la fragilità e l'inconsistenza della mia vita e non avendo trovato la ragione d'essere di tante mie sicurezze, di tutto ciò che costituiva il mio orgoglio, decisi di abbandonarmi nelle mani di Dio. Se Lui mi aveva conservato la vita, io dovevo impegnarla per qualcosa che valesse la pena. L'unica cosa che potevo fare era metterla al Suo servizio.

Fu così che, continuando anche gli incontri di preghiera, maturai la decisione di "vendere tutto per darlo ai poveri ed essere libera di seguire Gesù". (vedi il giovane ricco) Venne il momento forte della decisione, il Signore me lo fece capire e mi diede il coraggio. Mi sono fidata di Lui e ne è valsa la pena.

Lasciai il mio lavoro, che mi piaceva tanto, di infermiera all'Ospedale S. Carlo di Milano. Le colleghe facevano da diavoli tentatori: "Ci hai riflettuto bene? Forse ti illudi. Domani ti pentirai. Cosa ti manca qui? Anch'io una volta pensavo come te, ma poi mi sono ricreduta. ecc. ecc.".

Un vero martirio sì, ma anche qualcosa che ha rafforzato la mia decisione, le mie convinzioni. Era veramente un salto nel buio e non sapevo bene dove mi avrebbe portato, ma mi sono fidata del Signore e ne è valsa la pena. Oggi sono più contenta e più convinta di ieri, lo rifarei cento volte quel salto per Lui, e per Lui solo che promette il centuplo.

Il Signore benedice la famiglia che dona un/a figlio/a per il servizio del Suo Regno e i miei lo hanno sperimentato con la mia entrata in convento. Mia mamma è sempre migliorata in salute, fino a guarire in modo sorprendente dall'incidente che abbiamo vissuto e, giorno dopo giorno, ha ripreso tutte le sue attività quotidiane. In convento mi hanno sempre scritto e mostrato di gioire delle benedizioni divine, dopo la mia partenza e a tutt'oggi.

Dal canto mio, ogni giorno rinnovo il mio grazie a Dio per avermi scelta e voluta per s"; Lui mi colma di tanta gioia e non mi fa mai mancare il suo Amore e il suo aiuto.

Dopo avere rinnovato per 5 anni i miei voti temporanei giunse il giorno dei voti perpetui, cioè per sempre, che tanti a Borno, penso, ricorderanno ancora perché i ragazzi e la popolazione avevano partecipato in massa.

Era il 29 settembre 1991 e proprio in quella Messa solenne ci fu un segno che manifestava la mia seconda vocazione, quella missionaria. Tra gli altri doni presentati all'offertorio, una bambina portò all'altare il mappamondo, segno del nuovo ponte tracciato da me tra l'Italia e l'Africa. Sono partita, infatti, il giorno dopo, diretta in Francia per imparare la lingua parlata nell'Africa occidentale.

Suor patrizia in mezzo alle ragazze

Il 19 maggio 1992 mettevo già piede in Burkina Faso, ex Alto Volta, nel villaggio dove ero stata destinata, non tanto distante dalla città (30 Km) ma in piena savana. Le tre sorelle della nuova comunità mi aspettavano a braccia aperte (anche perché in tali situazioni è importante avere una infermiera vicino), ma dopo pochi mesi - visto che la difficoltà maggiore era quella di comunicare con la gente nella lingua locale, in una zona dove il 95% della popolazione era analfabeta e gli unici a poterci aiutare erano i primi bambini che cominciavano a frequentare la scuola - abbiamo deciso che iniziassi io per prima ad imparare almeno una delle lingue locali, il "dioula", per poter essere utile nel lavoro pastorale.

Nel settembre 1992, dopo avere avuto il "battesimo africano" (così chiamano la malaria), sono partita per il Mali dove ho trascorso 6 mesi in una missione tenuta dai Padri Bianchi, allo scopo appunto di imparare la lingua. Questa ovviamente mi ha consentito di conoscere meglio la realtà, gli usi, i costumi e le tradizioni di quei popoli; è stata un'esperienza molto interessante, che mi ha arricchito e preparato meglio alla mia nuova missione tra gente che imparavo a conoscere e ad amare soprattutto per la loro dignitosa povertà, la loro semplicità, la loro apertura all'accoglienza.

Devo dire che in questi pochi anni da loro ho imparato tante cose, prima fra tutte la familiarità con Dio (oltre che con i fratelli) e l'abbandono alla Sua Provvidenza. Molte sono state le situazioni in cui ho toccato con mano quanto Dio è vicino ad ogni uomo e provvede ad ognuno; molte le circostanze in cui ho potuto constatare che "il nostro Dio non dorme". " questa una frase detta da un indigeno che aveva assistito ad un incidente, in cui alcune suore sono uscite illese per miracolo.

Tornata dal Mali, ho cominciato a lavorare in una parrocchia di campagna, visitando i villaggi per l'animazione rurale e sanitaria, per curare i bambini, per la catechesi e i diversi incontri con le Comunità Cristiane di Base.

Suor patrizia con le ragazze del foyer

Nel frattempo, avendone visto la necessità, abbiamo costituito un foyer (internato) per l'alfabetizzazione delle ragazze dei nostri villaggi e la preparazione al matrimonio. Così ci siamo impegnate maggiormente nell'educazione e nella promozione della donna, in piena armonia con il governo burkinab" che, proprio in questo ultimo periodo, ha privilegiato le donne dicendo che "educare una donna è educare una nazione".

Nel 1995, per obbedienza, ho lasciato il bel cielo ridente del Burkina per passare circa due anni ad Abidjan, capitale della Costa d'Avorio, con le giovani suore africane che continuano la loro formazione e gli studi.

Nel 1997 sono rientrata in Italia, dove ho vissuto una nuova esperienza di circa un anno con le care sorelle anziane e ammalate.

Nel 1998 rieccomi a Kwentou dove però tutto era cambiato: le suore della comunità, l'"quipe sacerdotale. I Padri Bianchi avevano lasciato il posto ai giovani preti africani. La missione cambia colore e anche la gente; poco alla volta cambia, si nota un certo progresso anche se lento.

Dal 1999 ho avuto un nuovo trasferimento. Ora mi trovo in città, a Bobo-Dioulasso, dove ci sono alcune suore studenti e dove abbiamo un foyer per accogliere le ragazze che frequentano le medie superiori: lavoro bello ma non facile con le ragazze "studiate" ...

Nello stesso tempo mi occupo del gruppo vocazionale e frequento gli incontri diocesani per le vocazioni. Altra attività a noi molto cara è quella dell'aiuto ai ragazzi handicappati.

ragazzi handicappati

Per loro collaboriamo con il Centro don Orione che è in Costa d'Avorio. Facciamo i "viaggi della speranza", portandoli per le visite al posto più vicino alla frontiera, e per le operazioni fino ad Abidjan e oltre, a più di 1000 Km di distanza. Non è facile ma ne vale la pena. A volte assistiamo a vere e proprie rinascite; è meraviglioso vedere questi bimbi uscire trasformati dopo 2, 3 o 4 mesi di permanenza in Ospedale. È bello anche vedere le famiglie che, mentre prima nascondevano il bimbo handicappato quasi fosse una maledizione, ora corrono da noi felici di vedere migliorata la situazione dei loro bambini.

Se devo definire la vita di missione, direi che è una vera e grande avventura, vissuta con Dio e che, come tutte le avventure, ha i suoi rischi, grandi rischi, ma alla fine essa ti dà il senso della compiutezza, della gioia piena che solo una vita donata pienamente ai fratelli per Cristo, con Cristo e in Cristo può darti.

Descrivere questa avventura e ogni suo episodio sarebbe interminabile lavoro, qui in conclusione ne accenno solo alcuni per darvi il gusto e invitarvi caso mai, prossimamente, a venirmi a trovare per ascoltare qualcosa dalla viva voce. Ad esempio ricordo:

Sì, Dio conta su di me per continuare la Sua opera di bene; Cristo conta anche su di te, giovane, uomo o donna che oggi leggi queste righe, perché anche tu hai ricevuto tanto e sei un dono di Dio per il mondo. Dio conta su di te!!!

"Gratuitamente avete ricevuto,
gratuitamente date!"

" un comando che Gesù ci ha dato ed è anche il mio augurio per me e per tutti gli uomini e le donne di buona volontà. Che Dio ci ascolti e la Vergine Maria nostra Madre ci accompagni, ci sorregga e ci consoli.

Cari saluti a tutti e grazie.

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